Palermo inferno Villa Sofia il primario andate altrove

‘Inferno’ Villa Sofia, il primario: “Se potete, andate altrove…”

Parla il dottore Puleo: "Molti colleghi pensano di mollare".
PALERMO, L'INTERVISTA
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4 min di lettura

Villa Sofia ‘inferno’. Villa Sofia caos. Villa Sofia e metteteci accanto la parola che volete per descrivere lo stato attuale del suo pronto soccorso con poche risorse e moltissimi pazienti. Lo abbiamo raccontato. Continuiamo a raccontarlo. Villa Sofia, la zattera in tempesta nel mare della Sanità. Il comandante, il primario, si chiama Aurelio Puleo. Ha sessantuno anni, da cinque è il responsabile del reparto, da tre direttore del dipartimento dell’emergenza. Ecco cosa ne pensa lui.

Dottore Puleo, è il vostro momento più difficile?
“Sì”.

Perché?
“Per problemi specifici e generali”.

Parliamone.
“Come sappiamo, c’è il Covid e questo ci ha messo davanti a un’esperienza estrema, siamo tutti sulla stessa barca. Il pronto soccorso di Villa Sofia è l’unica struttura per i malati non Covid che serve l’utenza della parte Nord di Palermo. Abbiamo un campo d’azione vastissimo. Se qualcuno si sente male al Politeama, lo portano da noi. E si crea l’imbottigliamento”.

E poi?
“Abbiamo finalmente avuto l’approvazione della pianta organica di trentuno medici. Ma una cosa è la pianta organica, una cosa è la disponibilità effettiva. Noi abbiamo tredici medici. In un turno sono tre di servizio, di cui uno in Obi, l’osservazione breve”.

Questo spiega moltissimo dei disagi.
“Sì, il nostro impegno è massimo. I colleghi, ovviamente, sono sotto un forte stress, lo sono anche io. Molti se ne vogliono andare perché non reggono. E chi potrebbe dargli torto?”.

E lei?
“Confesso che il pensiero mi ha sfiorato, ma resto qui, al timone, finché posso. Sopportiamo, mi ripeto, per fatti peculiari e universali, la pesantezza di una situazione molto difficile. E non ci fa stare certo bene il disagio delle tante persone che vengono qui”.

Un panorama complicato.
“Purtroppo, i giovani colleghi non vogliono venire in un pronto soccorso, questo è un elemento diffuso. Molte responsabilità, turni massacranti e l’essere esposti all’insoddisfazione dei nostri utenti spaventa. A Palermo, poi, non si costruisce un nuovo ospedale da trent’anni. E le strutture sono obsolete, per cui non è semplicissimo modificarle”.

Cosa si sente di dire ai vostri pazienti?
“Cose molto chiare e semplici. Noi ce la mettiamo tutta, oltre il limite dell’umano, ma la situazione è questa. Il territorio offre tante opzioni. Ci sono gli altri pronto soccorso, le guardie mediche, i presidi territoriali, per citare solo qualcosa. Chi sta davvero male e ha un codice rosso viene subito trattato, nei limiti del possibile. Per gli altri si prospettano lunghe attese”.

Sembra quasi che dica: non venite a Villa Sofia.
“Non sto dicendo questo. Sto dicendo un’altra cosa. Chi ha un’urgenza drammatica si precipiti ovunque, nel minore tempo possibile. Gli altri compiano una valutazione sul posto migliore a cui rivolgersi, nel loro stesso interesse. E, se possono, vadano altrove”.

Come si può risolvere un tale intricato stato delle cose?
“Stiamo cercando di approntare qualche rimedio, grazie anche ai lavori che sono stati effettuati. Per esempio, nella nuova camera calda (il posto che connette ambulanze e presidio ospedaliero, ndr) ci sarà il personale del 118 a prendersi cura dei pazienti e ad aiutarci nello ‘sbarellamento’, cioè nel passaggio dal mezzo di soccorso all’ospedale, che è una operazione che può provocare lungaggini e intasamenti”.

Ma è capitato che qualcuno sia morto mentre aspettava?
“Morto, no. E’ successo che qualche codice giallo si è sentito male ed è stato prontamente soccorso. Può accadere e accade. Oltretutto, non abbiamo più nemmeno i neolaureati e i cococo che ci hanno aiutato durante l’emergenza Covid, perché devono completare la loro formazione”.

Il Covid sta ammainando la sua bandiera?
“Mah, che vuole che le dica? Ci sono ancora tantissimi positivi. Molti li rintracciamo qua e questo crea ulteriori ritardi. Omicron è diffusissima. Ci vuole molta prudenza al chiuso, nelle scuole e nei ristoranti. Abbiamo tanti positivi, pure tra di noi”.

Perché?
“Chi lavora insieme si contagia, anche se è vaccinato”.

In conclusione, dottore Puleo, se lei fosse oggi un giovane medico, lavorerebbe al pronto soccorso di Villa Sofia?
“Sì. Il pronto soccorso è un presidio fondamentale della Sanità pubblica. Le ho detto prima che rimango al mio posto, anche per fare da stimolo a tanti giovani che ho visto impegnarsi in questi mesi, arricchirsi con un bagaglio speciale di professionalità e umanità insostituibili e che spero vogliano fare crescere la qualità del servizio e il futuro del pronto soccorso”.

Aurelio Puleo primario Villa Sofia
Il dottore Aurelio Puleo

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