Mafia, droga e violenza: "Gli dobbiamo fare terra bruciata" - Live Sicilia

Mafia, droga e violenza: “Gli dobbiamo fare terra bruciata”

La grande fetta di affari degli uomini del clan affiliato ai Laudani.
LE CARTE DELL'INCHIESTA
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CATANIA – Spostavano droga nella “loro” zona, tenendo sotto controllo il mercato dello spaccio e assicurandosi di essere i soli. Dalle carte dell’operazione “Terra Bruciata” emergono gli elementi che hanno spinto il pm a chiedere l’arresto di 21 persone, che facevano riferimento al clan Laudani nel randazzese.

Nel corso delle indagini sono state scoperte e sequestrate 3 piantagioni di marijuana con oltre 3500 piante, 15 chili di marijuana, due serre per la produzione indoor di piante di canapa, un chilo di hashish e 50 grammi di cocaina.

Il traffico di droga

Il tessuto delle prove è costruito, nell’ordinanza di custodia cautelare, attraverso una serie di intercettazioni telefoniche e ambientali. Da cui emerge che esisteva un gruppo, consapevole di operare come tale, che agiva nell’ambito del traffico di droga, e che questo traffico era “aggravato dall’uso di metodologia mafiosa e dal fine di agevolare il clan Sangani”.

A dirigere il traffico di droga infatti sono, secondo gli investigatori, Salvatore Sangani e suo figlio Francesco Sangani, con organizzatori e coordinatori Samuele Portale e Piero Pagano. Il traffico di droga nel randazzese, in altre parole, era direttamente in mano ai capi dell’organizzazione mafiosa.

“Terra bruciata”

Il motivo per questa azione diretta lo spiegano in un’intercettazione Salvatore Sangani e il figlio Francesco, che commentano quella che secondo loro è la tattica delle forze dell’ordine nei loro confronti: arrestare le persone vicine per farli esporre in prima persona. “Te li vogliono fare allontanare – dice Francesco Sangani al padre – ti vogliono fare allontanare da tutte le persone …. cosi dice … loro (riferito agli stessi Sangani ndr) … si devono muovere loro”. E più avanti: “Gli dobbiamo fare terra bruciata attorno …. (N. d. r. Riferito al modo di agire delle forze dell’ordine secondo lui)”.

L’esclusiva sul traffico

Dalle intercettazioni emerge che il gruppo criminale dei Sangani voleva il controllo totale del traffico locale di droga, senza tollerare intromissioni e minacciando azioni violente su chi cercava di rendersi autonomo. Samuele Portale a un certo punto parla con uno degli indagati, Salvatore Bonfiglio, a proposito di uno spacciatore: “Quando lo vedi gli devi dire stai uscendo erba che non è la nostra e mi devi dire a te chi te l’ha data l’altra, gli devi dire non ti azzardare, ti devi uscire solo quella che ti diamo noi altri e basta, stai attento che la testa ti taglio”.

L’organizzazione

Qualche giorno dopo, ancora Portale è intercettato mentre parla di una partita di droga da comprare e delle raccomandazioni che gli ha fatto suo zio, Salvatore Sangani: “Quell’altro ne ha portata una partita bella (fa riferimento a stupefacente di buona qualità ndr) ed io gliel’ho detto: se io la trovo a due euro vedi che non me ne prendo. Dice (Sangani a Portale, ndr), basta che apri gli occhi, non farti arrestare minchia che ci rovini a tutti se ti prendono. Dice gli diamo la conferma che gliela vendiamo a tutti, tu se mio nipote e sono finito anche io, dice apriamo gli occhi, non ci facciamo fottere da questi minchia di menomati (riferito ai Carabinieri ndr)”.

Dunque Sangani chiede a Portale di non farsi arrestare perché se no le forze dell’ordine avrebbero avuto la conferma che il clan vendeva droga in tutta la zona. E dato che Portale è il nipote di Sangani, anche quest’ultimo sarebbe stato coinvolto nelle indagini. Per il Gip, questa conversazione è la prova, come si legge nell’ordinanza di custodia cautelare, “dell’esistenza di un’organizzazione che sarebbe entrata in crisi e avrebbe corso seri rischi”.


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