PALERMO– Per usare una metafora apocalittica: Antonello Cracolici è rimasto travolto dalle macerie della rivoluzione che egli stesso ha provocato. All’indomani della vittoria di Rosario Crocetta, il plenipotenzario del Pd diede sfogo alla sua gioia: “Ora comincia la speranza”. E aveva le sue ragioni. L’operazione che ha portato l’ex sindaco di Gela al soglio più alto della Regione è nata da un blitz dei gemelli del voto, la coppia Cracolici-Lumia. Loro hanno curato i tempi della discesa in campo. Hanno accompagnato il candidato, garantendogli appoggio e salmerie. Lo hanno difeso. Lo hanno coccolato. Alla fine, Crocetta ha trionfato. E gli ha voltato le spalle. La prova dello smacco successivo è nel tweet con cui Antonello ha dato sfogo alla sua bile, con la lucidità di un messaggio a chi deve intendere: “Vediamo se questo governo durerà”. Il segnale di fumo di un capo indiano che si sente forte e sorretto dalla sua tribù a un altro capo indiano che ha deciso di fare da sé. Un avvertimento? No, diciamo piuttosto un consiglio da amico, anzi, da compagno.
L’avevano avvistato, i soliti malevoli, in qualche assessorato con piglio da futuro padrone di casa che intenda riorganizzare la mobilia: qui ci va la scrivania, qui la foto di Bersani, qui il bersaglio con la faccetta buffa di Renzi per scagliare le freccette. E coloro che non lo amano (sono tanti per l’atteggiamento deciso dell’onorevole, forse pure troppi, in barba alle sue capacità) adesso rideranno da matti nel considerare l’epilogo della storia di Antonello e del suo gemello. Lumia congelato, con futuribili possibilità di carriera nel movimento del governatore. Cracolici fuori dalla giunta. Non solo lui, perfino i suoi. Lo stridore dei denti nel Pd si avverte a orecchio nudo. Il tweet cracoliciano è una voce dal web sfuggita. Con metodo.
Antonello Cracolici è un avveduto frequentatore del Palazzo, un titolo in cui confluiscono scaltrezza, cinismo e bravura. Non piace, soprattutto, perché ha il viziaccio di raccontare la verità, per quanto scomoda, di dire che la politica – specialmente la politica siciliana – ammesso che voglia perseguire il nobile fine dell’ideale, ha sempre da confrontarsi con la palude, con le vie contorte di eletti ed elettori. E’ un uomo di potere che non nega il suo guadagno personale in termini di consensi e possibilità. Non si appiccica due ali posticce da cherubino. Cracolici cammina, spesso non visto, per organizzare i suoi schemi. Per esempio, lo schema applicato al sostegno a Raffaele Lombardo, prima di un traumatico distacco, era semplicemente la via togliattiana più breve per accomodarsi nella stanza dei bottoni, per sganciare il Pd dalla sua inerte posizione di convitato testimone, incapace di sovvertire l’andazzo delle cose. E dal suo punto di vista non faceva una grinza.
La vittoria di Crocetta è il classico esperimento che si ritorce contro i suoi ideatori. Il Rosario gelese non accetta di indossare i panni del papato di transizione che erano stati appositamente cuciti per lui. Punta i piedi. Sceglie. Include ed emargina, senza nessuna gratitudine – sentimento sconsigliato in politica – per i suoi antichi compagni di viaggio. E Antonello lo guarda come un Frankestein che ha sciolto ogni legame, per vagare a suo piacimento. E twitta e si prepara a combattere l’ultima battaglia. Intanto, però, si merita l’aggettivo che campeggia nella foto. Sconfitto.