PALERMO – Martina Gentile traccia di se stessa la figura di una donna tradita nei sentimenti. Una donna che, superati i 30 anni, scopre di avere mitizzato e frainteso, qualora fosse possibile, la figura di Matteo Messina Denaro. Su questo si basa la sua linea difensiva.
Nel corso dell’interrogatorio di garanzia davanti al giudice per le indagini preliminari, la figlia di Laura Bonafede, l’amante del padrino, si avvale della facoltà di non rispondere ma rende delle dichiarazioni spontanee in cui sembra proprio indicare la madre come la chiave della sua insoddisfazione.
Il 13 aprile scorso su richiesta della procura di Palermo Laura Bonafede finisce in carcere. I pm avrebbero voluto arrestare anche la ragazza dopo avere scoperto il carteggio che si è scambiata con Il latitante. La richiesta viene respinta, ma Martina Gentile scopre dagli atti giudiziari una storia di cui, sostiene, fino ad allora sconosceva. Che Messina Denaro fosse un sanguinario stragista latitante era noto, ciò che emerse con chiarezza era il ruolo della madre e il legame sentimentale con il latitante. un legame che risale agli anni ’90 quando Messina Denaro andò a casa del padre di Laura Bonafede e nonno di Martina Gentile, il boss Leonardo Bonafede, per chiedergli il permesso di frequentarla.
Ed è in aprile che, racconta, Martina Gentile prende coscienza del tradimento della mamma nei confronti del padre detenuto ergastolano. Salvatore Gentile sta scontando il carcere a vita per degli omicidi commessi su ordine di Messina Denaro.
“Gli ho voluto bene quando ero bambina, ma ora ho capito di avere sbagliato“, ha detto la ragazza. Dopo l’arresto della madre ha avviato un percorso di legalità frequentando l’associazione Liberamente con sede in Calabria ma uffici anche a Palermo. Martina Gentile svolge alcuni incontri, poi interrotti nel momento in cui ottiene una supplenza alla scuola media di Pantelleria. Il trasferimento sull’isola, aggiunge davanti Gip, le è servito per tranciare i rapporti con i familiari.
Dopo l’arresto della madre non è andata a trovarla in carcere, né ha avuto con lei colloquio telefonici. Una scelta sincera o una strategia per evitare nuovi guai? I guai sono arrivati lo stesso. Nel frattempo, infatti, la Procura ha continuato a indagare e sono emersi nuovi tasselli della rete di comunicazione del latitante. Martina Gentile era una postina, smistava le lettere del latitante alla stazione di posta dello studio di architettura a Campobello di Mazara dove lavorava assieme a Lorena Lanceri, altra favoreggiatrice del capomafia. Martina Gentile ammette l’errore di aver voluto bene a Messina Denaro, ma rinnega il suo passato.