Lo scandalo di Isole delle Femmine: ma cos'è la cosiddetta Palermo Bene?

Lo ‘scandalo’ di Isola delle Femmine: ma cos’è la cosiddetta Palermo Bene?

Chi c'era davvero sull'isolotto?
LA POLEMICA
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Ma siamo sicuri che su quell’isolotto, dimenticato un tempo, oggi arcinoto in forza dei recenti fatti, ci fosse un distaccamento operativo della cosiddetta Palermo Bene, ammesso che esista e qualunque sia la sembianza che le vogliamo attribuire? E, soprattutto: che cos’è la Palermo Bene?

Si scrive ancora di Isola delle Femmine e della festa ‘abusiva’, o dello spot – quello che fu – per esaudire una domanda di senso intorno a una definizione volatile.

La conosciutissima circostanza di cronaca sarà, ovviamente, vagliata dalle indagini. Ma ‘l’evento’, già di per sé, è stato comprensibilmente vissuto come una violazione.

Da qui la vastissima reprimenda, tra social e discussioni a vario titolo, in attesa dei pronunciamenti. Chi ha sbagliato, se responsabilità verranno accertate a norma di codice, pagherà. Come è giusto che accada.

Che cos’è la Palermo Bene?

Nel frattempo, la domanda pungente a margine: che entità sarebbe la Palermo Bene, identificata con l’accusa di avere invaso l’isolotto, sui social e sui giornali?

La questione ci interessa, con riguardo ai nostri stessi pensieri, alla nostra stessa idea degli spazi in cui viviamo. E va al di là del caso singolo. Ecco perché dai margini si sposta al centro del discorso. Non si scappa: che cos’è la Palermo Bene, oggi?

Era – ahinoi, una volta – Palermo Bene la città che si rispecchiava nella sua porzione più intellettuale, più culturalmente avvertita.

Per esempio, le professoresse di Italiano che andavano a teatro per ascoltare la ‘misantropia celeste’ di Arturo Benedetto Michelangeli.

Era Palermo Bene la fazione operosa che portava avanti la sua capacità di scommettere sul mestiere, nei giovani che restavano, per non fuggire, cercando di seminare un chicco di sviluppo in una terra arida.

La svolta negativa

Da anni, la Palermo Bene, in tanta più o meno discutibile opinione popolare, ha svoltato verso una dimensione negativa.

Sarebbero quelli dell’aperitivo perenne, cullati da una nullafacenza imbrillantinata, con la fresca aggravante del passatempo di ‘invadere’ isolotti abbandonati, per divertirsi un po’. Sarebbero quelli che non rispettano le regole. Con l’aggravante della volgarità, della tascitudine.

Un ritratto grottesco che rivela, nel suo fondo, la rassegnazione. Un riflesso condizionato che ha colorato lo sdegno di rabbia.

Però, stando così la narrativa, se questo è il massimo che riusciamo a concepire come Palermo Bene, volgendo il termine nella sua sarcastica dissoluzione, dobbiamo pur riconoscere che siamo messi malissimo.

E dovremmo, di conseguenza, interrogarci sulla nostra incapacità di concepire orizzonti un po’ più luminosi, simili al mare luccicante che circonda la magia di Isola delle Femmine.

Come potrà mai essere guarita, Palermo, se il termine bene che la chiama in causa riassume la carta d’identità del peggio?


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