La sanità di quelli che non riescono più a curarsi: il disagio del sistema - Live Sicilia

La sanità di quelli che non riescono più a curarsi: il disagio del sistema

Le parole di Fra' Mauro e la realtà dei fatti

“Il sistema pubblico praticamente non esiste più. La logica è quella dei tagli sui servizi essenziali e sulle prestazioni basilari. La povera gente non fa più prevenzione, perché non può permetterselo. Di conseguenza, soffre e muore. Un meccanismo tremendo, accompagnato dall’indifferenza della politica e dall’interesse di pochi”.

Sono parole di Fra’ Mauro Billetta all’interno di un’ampia intervista resa al direttore di questo giornale Roberto Puglisi. Fra’ Mauro è un religioso, un uomo di Dio che ha scelto di donare la propria esistenza ai poveri di Palermo, in particolare nel quartiere Danisinni, una zona della città che forse molti palermitani nemmeno conoscono.

Un giudizio netto sulla sanità pubblica evidentemente provocato dal contatto vivo con le persone e le loro quotidiane sofferenze. Di battaglie Fra’ Mauro ne sta conducendo parecchie, un asilo nido, un consultorio, un ambulatorio, ma è esattamente sulla sanità che dà risposte forti, quelle drammaticamente innegabili se discutiamo di prevenzione e cura legate alle fasce assai fragili della nostra società.

È vero, basta consultare online i dati ufficiali (ad esempio, sito dell’Istat e della Fondazione Gimbe) circa la quota in aumento della popolazione che rinuncia alle cure per ragioni economiche, le lunghe liste d’attesa e le difficoltà di accesso alle strutture pubbliche.

Sono milioni in Italia, uno scandalo, in Sicilia il 7,2%  delle famiglie abbandona le cure in quanto insostenibili.

Sembra crollato il mito del Servizio Sanitario Nazionale, ce lo invidiavano dappertutto nel mondo mentre adesso arranchiamo tra pesante carenza di medici e infermieri, tagli indiscriminati (risorse e reparti), buchi profondi nella mappa della medicina territoriale.

Il presidente della Regione Siciliana Renato Schifani recentemente ha annunciato nuovi ospedali e più medici, grazie ad alcuni fondi stanziati dallo Stato, entro la fine della legislatura.

Intanto, però, riecheggiano le parole di Fra’ Mauro abituato a stare con i piedi per terra, ben lontano da roboanti promesse e finte carezze a chi non può attendere i tempi della politica e della burocrazia.

Riecheggiano pure, da contraltare, le parole dello stesso presidente Schifani all’atto d’insediamento del suo governo: “La nuova sanità dovrà guardare senza riserve al privato convenzionato, sia ospedaliero che diagnostico, nella consapevolezza che l’assistenza sanitaria costituisce una pubblica funzione, al di là del soggetto che la eroga, sia pubblico che privato. Occorre quindi abbattere ogni forma di pregiudizio, sapendo coniugare una leale sinergia tra due mondi che stanno dalla stessa parte: la salute del cittadino”.

Brutto segnale fin dall’inizio quindi, non perché chi scrive abbia qualcosa contro la sanità privata, assolutamente, ma perché non possiamo accettare il teorema secondo il quale posto che una buona sanità pubblica in Sicilia non ci sarà mai tanto vale “guardare senza riserve” al privato.

Livesicilia.it, al contempo, ci ha mostrato un ulteriore lato della questione pubblicando la lettera di una signora che ha voluto raccontare la sua positiva esperienza, nella lotta al cancro, vissuta presso il presidio ospedaliero Garibaldi-Nesima di Catania.

Ha ringraziato i medici e gli infermieri che l’hanno curata in un contesto di umanità, cortesia e di eccellenza professionale.

Ne siamo felici, ma Il punto è un altro. Noi desideriamo la normalità, un sistema che oltre alle eccellenze di cui andiamo fieri (ci imbattiamo, purtroppo, anche nell’indifferenza e superficialità di alcuni operatori sanitari) possa garantire al cittadino/paziente, specialmente se senza santi in paradiso, il diritto costituzionalmente protetto alla salute, un’assistenza sanitaria adeguata e professionalmente rilevante in ogni struttura pubblica, del resto paghiamo tasse salate allo scopo.

Le cose stanno diversamente. Invece di garantire livelli elevati ovunque e per chiunque, indipendentemente dalla regione di residenza e dalle condizioni economiche e sociali, si discute di livelli essenziali (cioè minimi!), di autonomia differenziata, una pensata di chi non ama l’Italia e la sua Costituzione che darà l’ennesima coltellata alla precaria unità del Paese e al già indebolito Servizio Sanitario Nazionale, con buona pace dei poveri cristi.

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