AGRIGENTO– Tre anni e sei mesi di reclusione per il reato di maltrattamenti in famiglia ma scagionato dall’accusa più grave di aver tentato di uccidere con un’ascia la moglie che teneva in braccio la figlioletta.
I giudici della seconda sezione penale del tribunale di Agrigento, presieduta da Wilma Angela Mazzara, hanno condannato un trentacinquenne di Palma di Montechiaro. L’imputato (difeso dall’avvocato Santo Lucia) ha però incassato l’assoluzione – perchè il fatto non sussiste – dalla contestazione di tentato omicidio ai danni della coniuge.
La vicenda risale al giugno dello scorso anno. Il trentacinquenne venne arrestato dagli agenti del commissariato di Palma di Montechiaro, intervenuti dopo una segnalazione di una lite in famiglia. Le iniziali accuse mosse al palmese, giudicato per questi reati separatamente, furono di violazione di domicilio, lesioni, resistenza a pubblico ufficiale e danneggiamento di un’auto di servizio.
Secondo la ricostruzione, infatti, durante quei concitati momenti avrebbe inseguito la moglie che si era rifugiata in casa dei genitori e poi aggredito anche due poliziotti.
La contestazione più grave di tentato omicidio scattò in un secondo momento quando gli investigatori raccolsero le dichiarazioni della persona offesa che raccontò come il marito avesse provato a colpirla con un’ascia scagliata mentre teneva in braccia la figlia.
Questa specifica accusa non ha retto però al vaglio dibattimentale e i giudici hanno assolto l’imputato perché il fatto non sussiste. La donna si è comunque costituita parte civile, rappresentata dall’avvocato Giuseppe Vinciguerra. La procura di Agrigento aveva chiesto la condanna dell’imputato a nove anni di reclusione.