Teatro Massimo, il 'calciomercato' delle nomine

Teatro Massimo, quel ‘calciomercato’ avvilente sopra la testa di Palermo

La battaglia politica intorno alla poltrona di sovrintendente
LA PARTITA SUL SOVRINTENDENTE
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Sembra di stare, da settimane, al calciomercato. Ma nella versione di Oronzo Canà. Quanto mi dai per tre quarti di Maradona? E se ci metto il piede (destro) di Pelè? La scelta per il rinnovo dei vertici del Teatro Massimo si è avvitata su se stessa, tra palco, quinte e realtà.

La discussione sulla guida della fabbrica suprema di cultura di Palermo, con una amplissima eco mondiale, non dovrebbe trasformarsi in una specie di bazar, incagliato tra divisori e dividendi degli appetiti e delle appartenenze. Tuttavia, questa è l’impressione.

Gli argomenti di chi difende il bis

Si è sviluppato un dibattito più o meno carsico, in calce alle ‘affacciate’ ufficiali, legato alle magliette delle squadre, non alla sostanza. Quanto vale un tre quarti? Lo scambiamo con uno strapuntino? Siamo, cioè, nel pieno di un’operazione algebrica del potere, mentre vorremmo ricevere rassicurazioni sulla qualità, sulla competenza, sulle prospettive.

L’asse che difende il bis dell’attuale sovrintendente, Marco Betta, ha dalla sua argomentazioni fortissime, basate sui risultati.

Lo ha ricordato il presidente della Regione, Renato Schifani: Credo che Betta abbia tutti i requisiti per una riconferma, perché ha ben lavorato. Ma è evidente una concertazione doverosa con il ministro che svolge un ruolo strategico per la scelta dei sovrintendenti dei grandi teatri. Siamo fiduciosi”.

E non scordiamo l’annuncio del neo- ministro della Cultura, Alessandro Giuli: “Ci saranno delle buone notizie. Quando si parla di Teatro Massimo si parla di cose belle. Arriveranno relativamente a breve”. Da qui è scaturita la suggestione di un cambio di rotta, magari con il ‘papa straniero’.

La discesa in campo del sindaco

Nulla vieta di proporre nomi alternativi. Anzi, vale il principio che recita: si può sempre migliorare. Purché siano in grado di esibire, quei nomi eventuali, un curriculum adeguato e non la semplice vicinanza a questo o a quello.

Un rinnovo, come tutti sanno, è la posizione originaria e mantenuta nel tempo di Roberto Lagalla. Il sindaco di Palermo è sceso in campo, senza compromessi, per difendere la dignità dell’istituzione, svolgendo perfino il ruolo di supplente di troppe silenziose omissioni.

Un quarto per un mezzo di qualcosa al balletto del sottogoverno? Grazie, no. Palermo ha il diritto di pretendere soluzioni all’altezza che non passino oltre la sua testa e sopra il suo cuore.


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