Il dolore di una famiglia è il dolore di tutti. Maria Cristina Gallo, l’insegnante di Mazara del Vallo che denunciò coraggiosamente ritardi nei referti dell’Anatomia patologica dell’Asp di Trapani, è morta. Aveva 56 anni. C’è un’inchiesta in corso.
Maria Cristina uscì dal cono d’ombra della sua malattia. Scelse di combattere una battaglia pubblica, per una sanità meno peggiore, non restando circoscritta nel terribile perimetro della sua sfida. Maria Cristina ha dato voce, con la sua storia, ad altre storie, alla rabbia di tutti. Il suo è un dono, a carissimo prezzo, che non dimenticheremo.
La rabbia e il dolore
La rabbia è dunque il sentimento accanto al dolore. Per il cratere che si è spalancato. Per le parole che Maria Cristina Gallo consegnò al nostro Salvo Cataldo.
Raccontavamo: “La sveglia alle tre del mattino, l’autostrada da Mazara del Vallo all’aeroporto di Palermo e il volo alle 6 in direzione Milano per la seduta di chemioterapia: poi il ritorno a casa quando l’orologio segna l’una della notte. Il film si ripete una volta a settimana ma nelle parole di Maria Cristina Gallo, insegnante che ha dovuto attendere otto mesi per l’esito di un esame istologico, non c’è rabbia nonostante quell’attesa le sia costata l’avanzata del male”.
“Sono certa che in Sicilia ci siano delle realtà che funzionano, purtroppo non è stato così per me – disse la professoressa -. Lì ho trovato una casa, mi sento protetta. Lì non ci sono ritardi, la chemioterapia è puntuale, non ci sono attese e c’è cordialità. Quando hanno studiato il mio caso hanno anche deciso di rifare quell’esame istologico: l’ho fatto in brevissimo tempo. Insomma, un altro mondo”.
Dolore e rabbia. Per una vita spezzata tragicamente. Perché ‘quel mondo’ non è ancora il nostro, in una Sanità da sempre appaltata all’appartenenza politica, che fa quadrare i suoi conti con le caselle da riempire, appesa a sistemi che, talvolta, funzionano, oppure consegnano i sofferenti all’indifferente meccanismo di una catena di montaggio.
Quando ti senti un numero
Tutti conosciamo l’indifferenza e la subiamo. A tutti è accaduto di incontrarla. Quando aspetti. Quando non hai risposte. Quando hai bisogno di cura e di rassicurazioni, ma l’orologio della Sanità pubblica è in ritardo, anche rispetto ai sentimenti di chi spera. Quando finisci per sentirti bloccato nell’ingranaggio, non più una persona. Un numero. Un dettaglio che può essere sacrificato.
Gli atti di contrizione non servono, non più. La disfatta è già completa: la vicenda di Maria Cristina Gallo lo dimostra. Il ‘costo di sistema’ è insopportabile. Non possiamo nemmeno illuderci, né sperare che sia l’ultima volta, l’ultimo capitolo, visibile o invisibile, di una drammatica serie di numeri, non più persone. Sarebbe un’offesa alla verità.
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