PALERMO – Costi “ingiustificati e poco trasparenti”. Società “che non stanno sul mercato”. E che riportano “in molti casi il fallimento della mission”. Il “mostro” delle società partecipate della Regione viene dipinto in modo spietato in un dossier della Corte dei Conti, che punta l’indice contro la galassia di società mangiasoldi che gravano sulle spalle dei contribuenti siciliani. Sono costate un miliardo e 176 milioni in quattro anni, dei quali solo 73 milioni in consulenze e ben 13,7 milioni per i cda. Di società che in alcuni casi non fanno praticamente più nulla.
Il dossier dei magistrati contabili è impietoso e scorre anomalie che potrebbero configurare danni erariali. Ci sono, come riportano oggi i quotidiani, le liquidazioni monstre, come quella della Siace, che è in chiusura da quasi trent’anni. Le partecipate della Regione sono 34 (11 delle quali appartengono alla Regione al 100 per cento), con diversi carrozzoni in continua perdita. Dove si assume alla grande, malgrado le sofferenze economiche, e in piena libertà, visto che formalmente si tratta di società di diritto privato (anche se in buona parte tenute in vita solo grazie a fondi pubblici) e quindi si può assumere senza concorsi o altre procedure pubbliche. Le spese per il personale hanno superato negli ultimi quattro anni il milione.
Negli ultimi quattro anni le perdite hanno inciso per almeno cento milioni. La Corte parla di società che “nascono e si sviluppano in condizioni di intrinseca insolvenza” e osserva che “al di là delle vicende societarie si assiste a una continua emorragia di denaro pubblico senza una fondata prospettiva di redditività”. Nelle partecipate-stipendifici lavorano più di settemila persone, un terzo dei dipendenti delle controllate di tutte le regioni italiane. Un vero e proprio esercito, a proposito del quale per i magistrati contabili emergono “forti perplessità” sul metodo di assunzione e “sulla corrispondenza delle assunzioni ai fabbisogni delle società”.
L’unica strada percorribile secondo la Corte dei conti è quella dell’arretramento del settore pubblico. Proposito più volte manifestato dagli ultimi due governi regionali: ma tra i propositi e i risultati corre una bella differenza. “Nella Regione vige uno stato di approssimazione e disorganizzazione consolidato e nessun contrasto alla mala gestio”, sintetizza la Corte.
E la sezione di controllo ha passato al vaglio per la prima volta anche le partecipate dei Comuni capoluogo e delle Province. Un’altra galassia di spa mangiasoldi, ben 326 sigle che drenano ogni anno enromi risorse. I Comuni hanno speso tra il 2009 e il 2011 oltre un miliardo e 300 milioni. E il buco delle partecipate solo a Palermo supera i 305 milioni.