Il referendum sulle trivelle | spiegato a siciliani - Live Sicilia

Il referendum sulle trivelle | spiegato a siciliani

Cosa potrebbe cambiare in Italia e in Sicilia sulla base del risultato della consultazione.

Il voto del 17 aprile
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PALERMO – Il conto alla rovescia sta per terminare. Domenica prossima, dalle 7 alle 23, i seggi saranno aperti per il referendum sulle trivelle. Si tratta della prima consultazione referendaria della storia italiana richiesta dalla Regioni. Ma cosa prevede esattamente il quesito sul quale gli elettori saranno chiamati a esprimersi? Il referendum non riguarda il divieto di nuove trivellazioni, già in vigore, ma la possibilità o meno di rinnovare le concessioni per l’estrazione di gas e petrolio entro 12 miglia dalla costa. Chi vuole impedire la possibilità di proroga ai permessi già rilasciati fino all’esaurimento dei giacimenti, voterà “Sì”. Se si è favorevoli a questo tipo di previsione, introdotta dal governo Renzi con la recente legge di Stabilità, occorre votare “No”. Trattandosi di un referendum abrogativo, perché la consultazione possa essere considerata valida dovrà recarsi alle urne il 50 per cento più uno degli aventi diritto.

Le trivelle in Sicilia
Attualmente in Italia le concessioni entro le 12 miglia sono 21. Quattro gli impianti di estrazione attivi nel Canale di Sicilia. Nelle acque di Licata, nell’Agrigentino, sorge la piattaforma della Eni-Edison Gas. Due gli impianti difronte alle coste gelesi (Eni e Petrocelcic Elsa). La restante piattaforma estrattiva all’interno delle 12 miglia è della Transunion Petroleum nelle acque ragusane.

Cosa succede se vince il “Sì”
Le piattaforme entro le 12 miglia dalla costa continueranno a estrarre fino al termine della concessione, che non sarà rinnovabile oltre i termini di legge attualmente previsti, a prescindere dal pieno sfruttamento del giacimento. La normativa prevede che concessioni abbiano una durata trentennale, prorogabile inizialmente per dieci anni, poi per cinque e infine per altri cinque.

Cosa succede se vince il “No”
Resterebbero in vigore le previsioni di legge attuali. Alla scadenza della concessione, le società di estrazione conserveranno la possibilità di chiedere un’ulteriore proroga fino all’esaurimento del giacimento.

Le ragioni del “Sì”
A sostegno del “Sì” soprattutto i comitati “No-Triv” e le associazioni ambientaliste. Alla base, in particolare, motivazioni di salvaguardia ambientale, volte a scongiurare potenziali disastri ecologici. Comitati e associazioni, attraverso il referendum, vogliono lanciare anche un forte messaggio politico per dire “basta alle trivellazioni e alla ricerca di petrolio”, e una maggiore attenzione, invece, verso fonti di energia alternative e rinnovabili. Ambientalisti che considerano “inutile e dannoso” continuare a investire per una risorsa come il petrolio, destinata a esaurirsi nel giro di pochi decenni. Non solo. Uno dei pericoli, secondo gli ambientalisti, potrebbe nascondersi nella potenziale assenza di controlli cui gli impianti di estrazione sono sottoposti obbligatoriamente alla scadenza di ogni concessione. Il rischio, spiegano, “è che con il venir meno delle proroghe, vengano meno anche questi controlli, con tutti i rischi connessi”.

Le ragioni del “No”
A favore del “No” si è schierato il comitato “Ottimisti e razionali”, che si è costituito per l’occasione. Chi è contrario all’abrogazione della proroga fino allo sfruttamento completo dei giacimenti di gas e petrolio, indica soprattutto due ordini di motivazioni. Da un lato ragioni legate al fabbisogno energetico nazionale. Il comitato per il “No” giudica un controsenso lo stop alle estrazioni, perché ciò costringerebbe l’Italia a comprare gas e petrolio che invece avrebbe potuto produrre da sé. Dall’altro lato, motivazioni legate alle ricadute occupazionali. Secondo il comitato, la vittoria del “Sì” metterebbe a rischio migliaia di posti di lavoro, motivo per il quale, ad esempio, la Cgil nazionale si è schierata contro il referendum. Non solo. Il fronte del “No”, infatti, mette in dubbio la stessa portata della consultazione, dal momento che, a prescindere dall’esito finale, all’interno della fascia delle 12 miglia dalla costa non sorgerà comunque alcuna nuova piattaforma, perché vietato per legge.

 

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