I boss e l'attentato al ministro| "Tesi infondata, convocate Alfano" - Live Sicilia

I boss e l’attentato al ministro| “Tesi infondata, convocate Alfano”

Un frame delle video intercettazioni

La richiesta del difensore di due presunti mafiosi di Chiusa Sclafani e Palazzo Adriano.

PALERMO – “Citiamo in aula il ministro Angelino Alfano”, chiede l’avvocato che per due imputati invoca il rito abbreviato condizionato “all’esame dell’attuale ministro dell’Interno, onorevole Angelino Alfano, al fine di riferire su eventuali informative circa il progetto omicidiario nei suoi confronti e sulla concretezza del pericolo di tali atti”.

È l’avvocato Antonio Di Lorenzo a mettere in dubbio la tesi, sostenuta dal Tribunale del Riesame, che Vincenzo Pellitteri e Pietro Pollichino volessero davvero eliminare Alfano. Insomma, secondo il legale, che cita le parole degli stessi magistrati, si trattò di un “mero sfogo”. Nessuna matrice mafiosa nelle parole registrate dalle microspie.

I mafiosi di Chiusa Sclafani e Palazzo Adriano, paesi dell’entroterra palermitano, nutrivano odio e risentimento per Alfano. E la loro rabbia rimase impressa nei nastri delle forze dell’ordine. Nel fermo disposto dalla Procura della Repubblica di Palermo c’era un capitolo dal titolo: “Il progetto di attentato all’on. Alfano”.

Settembre 2014. In una masseria di Contessa Entellina si incontrano Vincenzo Pellitteri, responsabile della famiglia mafiosa di Chiusa Sclafani, il suo referente Pietro Pollichino, e il capo famiglia di Palazzo Adriano, Pietro Paolo Masaracchia. Le cimici sono in funzione: “… che questo Angelino è un porco con le persone… chi minchia glielo ha portato allora qua con i voti di tutti… degli amici… è andato a finire là… insieme a Berlusconi ed ora si sono dimenticati di tutti… tanto che si è dimenticato a tutti che… e dalla galera, dalla galera dicono cose tinte su di lui…”.

Hanno in mente una soluzione estrema per togliere di mezzo il ministro dell’Interno, di cui hanno già discusso: “… ed io gliel’ho detto a Vincenzo, se siamo, se c’è l’accordo… lo fottiamo a questo… lo fottiamo, gli cafuddiamo (ndr: diamo) una botta in testa… ci vuole un po’ d’impegno, gli cafuddiamo una botta in testa… però noialtri… ah? Non perdiamo la faccia, noialtri siciliani! Di questo si tratta… è un cane per tutti, per tutti i carcerati… Angelino Alfano…”.

Masaracchia paragona il comportamento di Alfano a quello del presidente degli Stati Uniti, John Fitzgerald Kennedy: “Kennedy era allora il presidente degli Stati Uniti, perché a Kennedy chi se lo è masticato. Non ce lo siamo masticato noialtri là in America. Eh… ed ha fatto, ha fatto le stesse cose che ha fatto Angelino Alfano… che prima è salito con i voti di cosa nostra americana e poi gli ha voltato le spalle… eh… dunque se non ci difendiamo…”.

I magistrati, nel corso della conferenza stampa, spiegarono che “parlare di progetto di attentato contro il ministro è troppo avanzato”. Ecco perché l’avvocato Di Lorenzo parla di “aspetto infondato e inconsistente delle indagini” e chiede di convocare il ministro per sapere se, in concomitanza delle intercettazioni, il pericolo fu preso sul serio tanto da finire nelle informative di allora. Sarà il giudice per l’udienza preliminare Gioacchino Scaduto a decidere se accogliere o meno la richiesta dopo che è stato dato il via libera al giudizio immediato per Pollichino, Pillitteri e gli altri indagati.


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