PALERMO – “Non è più il mio mondo, volevo tornarmene a casa”, ha commentato a caldo, “emozionata”, Anna Finocchiaro, una delle poche new entry del governo di Paolo Gentiloni. New entry, certo, si fa per dire. Ed è la stessa “Annuzza” a sottolinearlo con questa prima battuta. Non sarà più il suo mondo, ma lei sempre là sta. Da quando il Muro divideva ancora in due Berlino. In Parlamento arrivò nel 1987 con il Partito Comunista Italiano, quando ancora così si chiamava. E con falce e martello nel cuore, la magistrata modicana, catanese d’adozione, ha attraversato l’ultimo trentennio di politica italiana, da Natta a Renzi. Ora le tocca il ruolo di ministro per i rapporti con il Parlamento, che è un po’ casa sua, in fondo, da una vita.
Da presidente della commissione Affari costituzionali, in questa legislatura ha seguito con mano sicura ed esperta la gestazione della riforma voluta da Renzi, ricevendo all’epoca le pubbliche lodi di Maria Elena Boschi. La riforma poi è stata sonoramente bocciata dall’elettorato. E Annuzza, in piena sintonia con l’umore dell’elettorato, è stata promossa ministro.
Per lei non è la prima volta al governo. C’era già stata con Romano Prodi negli anni d’oro dell’Ulivo, alle Pari opportunità. Poi una lunga carriera da capogruppo al Senato. In mezzo anche una disastrosa corsa alla presidenza della Regione siciliana, in un’elezione dall’esito apocalittico in cui finì più che doppiata da Raffaele Lombardo. Voleva parlare ai siciliani “da madre”, disse in campagna elettorale. Ma la sua Isola le fu matrigna.
Non è quello l’unico dispiacere, il solo inciampo, e forse in una carriera così lunga non potrebbe essere diversamente. Ma da tutti gli inciampi, Anna dalla voce calda e roca s’è sempre rialzata. Anche dopo la vicenda giudiziaria che ha coinvolto il marito, Melchiorre Fidelbo, condannato in primo grado a nove mesi, pena sospesa, per abuso d’ufficio per una vicenda relativa a un appalto da 350mila euro del Pta di Giarre. Una vicenda la cui eco s’arrestò più o meno all’altezza dello Stretto. Ben più fragorosa fu la storia delle foto scattate da un rotocalco all’Ikea, con la scorta a spingere il carrello della Finocchiaro. Un marchio che è rimasto, tanto che ancora ieri sui social l’esecutivo Gentiloni veniva subito ribattezzato “governo Ikea” (già montato, per la verità). Una foto che all’epoca le costò una pubblica stilettata del Renzi versione rottamatore, “un attacco miserabile” sentenziò Annuzza.
Forte, determinata e non esattamente modesta, i retroscenisti l’hanno sempre dipinta come candidata in pectore a qualcosa. Quirinale incluso. Ma Napolitano prima e Mattarella poi l’hanno battuta nella corsa al Colle.“Un uomo con il mio curriculum sarebbe già stato nominato presidente della Repubblica da tempo”, ebbe a dire una volta.
Con lei, Minniti e la Fedeli in squadra il governo si sposta un po’ a sinistra. Anna è stata vicina a D’Alema e Bersani, almeno fino a non troppo tempo fa. Restarono celebri le sue lacrime quando falce e martello furono pensionati dal Pds. C’è da scommettere che torneremo a ritrovarla in tv a scadenza quasi quotidiana come accadeva ai tempi d’oro. La Finocchiaro ha sempre reso bene sul piccolo schermo, per la sua forza pacata. Al netto di un famoso scivolone, quando le scappò un improvvido “stiamo parlando di parlamentari, non di bidelle”, e poi le toccò scusarsi con le suddette bidelle.
Adesso le toccherà gestire una pratica delicata come quella della legge elettorale da riscrivere. Si ritorna a parlare di Mattarellum, guarda caso. E la memoria torna a tre ani fa quando il renziano Giachetti tirò fuori la proposta di tornare a quel sistema maggioritario-proporzionale beccandosi una reprimenda proprio dalla Finocchiaro. Ma i tempi cambiano. E malgrado il suo schermirsi, questo è sempre il mondo di Annuzza.