Tim, il telefono la tua croce | L'incivile legge del più forte - Live Sicilia

Tim, il telefono la tua croce | L’incivile legge del più forte

(foto d'archivio)

La storia di un sadismo gratuito e spocchioso. Perché, alla fine, comandano loro.

Il caso
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2 min di lettura

Questa è la storia di noi e loro. Anzi di come si arricchiscono loro e di come trattano noi. Parlo delle compagnie telefoniche e precisamente del colosso che una volta si chiamava Telecom e ora va sotto il nome di Tim. Quella che sto per raccontarvi è la storia di un sadismo burocratico gratuito e debordante, spocchioso e offensivo.

Sono un piccolo imprenditore siciliano che tre anni fa, per incoraggianti ragioni di lavoro, ha aperto una sede di rappresentanza a Roma. Aperta la sede, si è naturalmente istallato un telefono. E fin qui tutto normale. Il nuovo contratto è stato accolto dalla Telecom a braccia aperte, con tutti i riguardi dovuti al nuovo cliente. I guai sono arrivati nell’aprile scorso quando, chiusa la sede, ho dovuto disdire il contratto. Mandavi il fax e ti chiedevano il documento di identità. Mandavi la fotocopia del documento, sempre allo stesso numero di fax, ma non riuscivano ad accoppiare l’immagine del documento alla domanda inviata qualche giorno prima. Rimettevi le due cose dentro lo stesso fax ma si disperdevano strada facendo. Poi centravi finalmente l’obiettivo e ti rispondevano che “la sospensione del servizio” sarebbe scattata all’inizio del bimestre successivo. Insomma, un calvario durato da aprile a luglio.

Ma il bello doveva ancora venire. Con una fattura del 6 ottobre 2015 (8W00620073) la Tim mi comunica che, fatti e rifatti i conti, ho diritto alla restituzione di 64,52 euro, somma che sarà versata nel mio conto “entro e non oltre novanta giorni”. Una cifra minima, sia chiaro. Ma è quella che mi spetta e per la quale attendo pazientemente la data del rimborso: il 6 gennaio del 2017. Ma, ovviamente, in quella data non arriva nulla. Arriva solo una seconda fattura (8W00757462) con la quale mi si chiede di pagare “entro e non oltre il 13 gennaio 2017” la miserabile somma di 4,44 euro come indennità per il ritardato pagamento di una bolletta emessa quando il mio telefono era ancora in funzione.

Ovviamente, data l’intimazione, mi affretto a pagare i 4,44 euro entro il 13 gennaio. Perché io sono ligio alle regole e rispetto rigorosamente le scadenze. Tim invece non avverte questi obblighi morali. Infatti il 6 gennaio è passato da quasi dieci giorni e io aspetto ancora il rimborso dei 64,52 euro. Indubbiamente, e grazie a Dio, non aspetto quella somma per comprare il pane o il latte. Ma il comportamento della Tim mi sembra a dir poco disgustoso: pretende puntualità quando deve riscuotere, ma non adotta lo stesso criterio quando deve rimborsare dei soldi, tra l’altro trattenuti nelle proprie casse per oltre sei mesi. E’ l’incivile legge del più forte.

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