Teatro greco: mito, magia... |e pure Ficarra & Picone - Live Sicilia

Teatro greco: mito, magia… |e pure Ficarra & Picone

Il regista è direttore artistico della rassegna siracusana.

Intervista ad Andò
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4 min di lettura

Quali sono le ragioni per cui, nonostante i suoi 2500 anni, il Teatro greco rimane ancora un elemento vivo, un luogo magico dove la storia si fonde con l’attualità, dove il pubblico assume man mano il ruolo di giudice, coro e attore protagonista?

E perché mai i teatri, soprattutto i grandi teatri, risentono sempre più di una crisi di risorse e di valori mentre il teatro greco continua a mobilitare un popolo di spettatori critici e coscienti che colora di ogni emozione e di ogni fantasia quelle antiche pietre?

Roberto Andò

Roberto Andò, regista di valore internazionale e di radici siciliane, chiamato oggi al ruolo di direttore artistico del 53° ciclo di tragedie a Siracusa, non ha dubbi: “Nessun luogo al mondo – dice – è intriso di magia, perfetta armonia e impeccabile acustica come il teatro greco di Siracusa. Nessuno può sfuggire al suo fascino: qui ogni pietra racconta una storia, la nostra storia, la nostra cultura”.

Probabilmente le parole di Andò sono la chiave giusta per capire le ragioni di un successo in cui, al valore indiscusso di una perfezione architettonica, va aggiunto il fascino intramontabile delle tragedie. E non è certamente un caso che ad Andò, siciliano tanto quanto il teatro greco, sia stato affidato il compito di scegliere, costruire e curare uno degli eventi più significativi della cultura teatrale di tutto il mondo: “Il teatro greco è un punto d’arrivo ma anche un punto di partenza. Non si può prescindere dalle nostre radici teatrali e culturali che affondano proprio in questo spazio l’essenza del nostro essere”

Diventa inevitabile, però, soffermarsi su un dettaglio. Il tempo passa ma la vicenda umana rimane immutata. Cambia il linguaggio, lo stile. Cambiano le mode, scorre la modernità dilagante e dilaniante ma la contrapposizione tra bene e male, le guerre eroiche, a volte stupide e inutili, nell’eternità di questo teatro trovano una dimensione più attuale che mai.

Lo sanno bene i registi Baliani e Binasco che attualizzano la tragicità di una guerra fratricida: fedele e manieristico il primo, emozionante e ricco di pathos il secondo, i due registi hanno accettato e vinto una sfida non semplice: “La scelta di portare in scena i Sette contro Tebe e le Fenicie, opera quest’ultima rappresentata una sola volta a Siracusa nel 1968, è nata dalla volontà – sottolinea Andò – di portare il pubblico a riflettere sullo stesso tema attraverso due punti di vista diversi: Eschilo ed Euripide. Il risultato mi sembra esaltante”. Ma può ancora far discutere la lotta fra la spiritualità di Eschilo e la visione quasi umanistica di Euripide? “Il teatro non tramonterà mai del tutto perché è vivo”, risponde Andò. “In un’epoca dove tutto è affidato al virtuale il teatro rimane l’unica cosa reale e mai uguale a se stessa”.

Il teatro è quindi vita e in quanto tale diventa un bisogno costante e necessario. Ecco perché accorriamo a vedere ciò che è stato già visto mille volte. Ecco perché ci emozioniamo ancora, perché vibriamo al grido disperato di un’ingiustizia o di un dolore inaudito.

Se il teatro interpreta davvero il bisogno dell’uomo di dare un senso alla vita, quale forza misteriosa spinge noi, spettatori confusi dalla globalizzazione e dalla quotidianità, a capire perché una Tebe assediata possa trasformarsi, quasi per miracolo, in una Aleppo dei nostri giorni distrutta, umiliata dalla ferocia e dall’indifferenza? “Forse esiste ancora l’umanità e il teatro ne è l’esempio più vivo”, risponde Andò.

Fatto il discorso sulle tragedie, resta da fare quello sulla commedia e, in particolare, su Le Rane di Aristofane. Perché il teatro di Siracusa ha voluto attualizzare la commedia con Salvo Ficarra e Valentino Picone, giocando a reinterpretarla quest’anno con attori modernissimi e, a loro modo, anche provocatori? “Credo che Ficarra e Picone abbiano raggiunto una maturità tale da potersi permettere il grandissimo lusso di provare l’esperienza nuova, ardita e complessa del teatro greco”, sostiene Andò. “La loro indipendenza di giudizio li ha spinti certamente a volersi misurare con la sacralità del teatro greco”.

Una scommessa, quella di Ficarra e Picone, che Andò valorizza al massimo. Anche perché dietro quella scommessa c’è anche l’ambizione di portare al teatro greco un pubblico che segue i due comici popolarissimi e che per questo potrebbe lasciarsi attrarre da un genere diverso e solitamente poco frequentato.

Sarebbe anche questo un antidoto contro la crisi che il teatro, tolto quello greco racchiuso comunque nell’incantato perimetro aretuseo, vive pur nelle sue diverse declinazioni.

È una crisi più morale che economica. Forse è la crisi di chi, privato dei valori essenziali, teme di rivedere nel teatro l’immagine pallida di se stesso e proprio per questo fugge impaurito. Che ne dice l’intellettuale Andò? Lo chiedo da donna che ama il teatro con tutta se stessa e che al teatro dedica anche una parte consistente della propria vita.

“Il teatro in Sicilia, ad oggi, è un quadro con varie sfumature di disgrazia”, ammette Andò. “Ma la gente continua a venire per cui nulla è perduto”.

Una battuta, quest’ultima, che regala speranza e magia. “L’immortalità della tragedia greca sia monito ed esempio per tutti i teatri del mondo”.


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