PALERMO – L’ultimo caso è quello di Roberto Clemente. I più clamorosi, pochi giorni fa, quelli che riguardano Girolamo Fazio e Rosario Crocetta. Già, perché anche il governatore è un deputato dell’Assemblea regionale. E anche lui è stato coinvolto, in veste di indagato, in una inchiesta giudiziaria. Una delle tante che hanno investito Sala d’Ercole in questa legislatura.
Ogni caso, ovviamente, è una storia a se stante. A carico di parlamentari regionali sono giunte infatti condanne, richieste di rinvii a giudizio in qualche caso già sfociate in un processo, o semplici indagini. E ancora, tra le condanne, va anche chiarita la differenza tra quelle penali e quelle contabili. Ma in questi anni, sono stati una ventina i parlamentari coinvolti in grane giudiziarie.
Roberto Clemente*, come detto, è l’ultimo in ordine di tempo. Il deputato del Cantiere popolare è stato condannato a sei mesi e 600 euro di multa per corruzione elettorale. Rimarrà comunque un parlamentare regionale, nel suo caso non scatta la sospensione*. La vicenda è quella finita nell’inchiesta che coinvolse 28 persone tra cui l’altro deputato regionale Nino Dina che nel 2015 presiedeva la commissione Bilancio all’Ars che ha scelto (a differenza di Clemente che ha optato per l’abbreviato) il rito ordinario.
La stessa inchiesta che ha visto finire nel registro degli indagati proprio Fazio e Crocetta. Una indagine che punta a descrivere i rapporti illeciti, secondo l’accusa, tra l’armatore di Ustica Lines Ettore Morace e nomi eccellenti della politica siciliana. Il presidente della Regione è indagato sostanzialmente per un contributo da cinque mila euro dell’armatore Morace al movimento politico del presidente “Riparte Sicilia”, ma l’inchiesta ha affrontato anche il nodo relativo alla volontà del governatore di intensificare le corse degli aliscafi in direzione Filicudi. Crocetta è indagato per concorso in corruzione. Un fatto, quest’ultimo, che il governatore assicura non essergli mai stato contestato dai pm. Fazio invece è considerato la figura politica chiave dell’inchiesta: sarebbe lui il “referente” dei Morace nei palazzi del potere. In cambio, secondo la Procura, avrebbe ottenuto pagamenti e posti di lavoro nella ditta dell’armatore. Per lui è scattata la procedura per la sospensione dalla carica di deputato.
Sospensione arrivata invece, anche se con qualche giorno di attesa in più del previsto, per Francesco Cascio (Ncd) e Francesco Riggio (eletto col Pd, poi passato al Misto). Per l’ex presidente dell’Ars è arrivata infatti una condanna a due anni e otto mesi per corruzione. Per Riggio invece condanna a 5 anni e 8 mesi per la truffa relativa ai fondi del Ciapi. Sono stati sospesi per 18 mesi, come prevede la legge, ma di fatto sono decaduti, visto che ne mancano di meno alla fine della legislatura.
È stato condannato, ma è rimasto al suo posto a Sala d’Ercole, invece, Franco Rinaldi (eletto col Pd e passato a Forza Italia), travolto dall’inchiesta sui “Corsi d’oro” della Formazione professionale nel Messinese. La condanna a due anni e mezzo, infatti, non è arrivata per reati che comportano, stando alla Severino, la decadenza o la sospensione. E sospeso dalla carica fu anche il deputato siracusano Pippo Sorbello (Udc) che, nel periodo in cui ricopriva il ruolo di sindaco di Melilli, aveva subito una condanna a quattro mesi per abuso d’ufficio. In base alla legge Severino è scattata quindi la sospensione dalla carica di deputato per 18 mesi. In realtà, tra ricorsi e controricorsi, Sorbello si alternerà a lungo tra gli scranni di Sala d’Ercole con Edy Bandiera. In appello, il parlamentare aretuseo sarà poi prosciolto. Ma la Severino aveva già prodotto i suoi effetti. Una legge che ha avuto come “cavia” in questa legislatura Salvino Caputo: il primo politico siciliano e forse d’Italia a subire le conseguenze dell’entrata in vigore di quella norma. Per lui è scattata, nel maggio del 2013, pochi mesi cioè dopo la rielezione all’Ars, la decadenza: la sentenza di condanna per tentato abuso d’ufficio era diventata definitiva.
I rinviati
Di pochi giorni fa, la notizia del rinvio a giudizio per un deputato regionale: Gaetano Cani è giunto a Sala d’Ercole dopo l’addio di Lillo Firetto, ex capogruppo Udc eletto sindaco di Agrigento. Cani è stato rinviato a giudizio – udienza il 19 luglio prossimo – per l’ipotesi di reato di estorsione dal Gup del Tribunale di Sciacca (Ag). È accusato di aver costretto alcuni docenti di un istituto paritario di Menfi (Ag) a firmare le “dimissioni in bianco” e ad accettare compensi inferiori o inesistenti rispetto a quelli indicati in busta paga pur di ottenere il relativo punteggio valido per le graduatorie. E rinvio a giudizio è arrivato per l’ex capogruppo del Megafono e oggi nel Psi Giovanni Di Giacinto: l’accusa è di abuso di ufficio. La vicenda non riguarda l’attività di deputato, ma atti relativi a sgravi fiscali ottenuti da alcuni cittadini nel periodo in cui Di Giacinto era sindaco del comune di Casteldaccia. Rinviato a giudizio per falso e tentata truffa anche Pippo Nicotra, eletto con l’Udc ma approdato al Pd dopo un breve giro a Sala d’Ercole.
Gli indagati
C’è al momento una richiesta di rinvio a giudizio, invece, per i due deputati del Movimento cinque stelle, Giorgio Ciaccio e Claudia La Rocca per la nota vicenda delle cosiddette “firme false” in occasione delle elezioni amministrative di Palermo nel 2012. Tra gli indagati, invece, ecco il caso del capogruppo all’Ars di Sicilia democratica, Giambattista Coltraro. Il deputato è accusato di aver prodotto degli atti notarili (è un notaio, appunto) falsi che avrebbero consentito l’appropriazione di terreni appartenenti a ignari proprietari.
Gli assolti
E’ stato assolto con formula piena proprio pochi giorni fa il medico Giovanni Lo Sciuto, indagato per una vicenda legata ai “falsi invalidi” nel Trapanese. L’inchiesta avrebbe fatto scoprire una serie di favoritismi in particolare nel riconoscimento delle indennità di accompagnamento. Già in quei giorni – poco meno di tre anni fa – Lo Sciuto precisava: “Facevo parte di una commissione di prima istanza. In pratica, noi non facevamo altro che proporre le persone che si sottoponevano alle visite alla valutazione della commissione di verifica di Trapani”. E la recente sentenza ha giudicato innocente il deputato e gli altri componenti della commissione: a chiedere l’assoluzione è stato lo stesso pubblico ministero. Sono stati prosciolti in Cassazione pochi giorni fa, poi, una sfilza di posizioni riguardanti ex capigruppo dell’Ars, indagati per peculato, nella vicenda delle cosiddette “spese pazze”. Tra questi, i deputati in carica Antonello Cracolici, Nicola D’Agostino, Paolo Ruggirello e Marianna Caronia.
I guai contabili
Sempre per la storia riguardante le spese dei gruppi parlamentari, dove è stato coinvolto in qualità di ex capogruppo del Pd, ha ricevuto un corposo sconto l’attuale assessore all’Agricoltura Antonello Cracolici che dovrà però ugualmente risarcire oltre settanta mila euro. Assai più pesante la condanna per l’ex assessore Santi Formica oggi deputato della Lista Musumeci: per lui il “conto” da saldare è di oltre 370 mila euro per la storia degli extrabudget nella Formazione. Ma il deputato ha già chiesto la revisione, almeno nell’ammontare, di quella condanna. La storia, in questo caso, si trascinerà probabilmente oltre i limiti del mandato dei deputati. E di questa legislatura che, come in passato, è stata investita dagli scandali.
* avevamo erroneamente affermato che Clemente sarebbe stato sospeso dall’Ars. Nel suo caso, invece, la sospensione non è prevista. Ci scusiamo con i lettori e col diretto interessato.