PALERMO – Un’intera città finita nell’occhio del ciclone, diventata la capitale dell’abusivismo e dell’illegalità. L’opinione pubblica che divide i buoni dai cattivi. Un consiglio comunale accusato di aver voluto punire un sindaco che vive sotto scorta e che ha fatto della lotta all’abusivismo edilizio un vessillo. A due giorni dalla sfiducia ad Angelo Cambiano l’aria a Licata è pesante per quei 21 consiglieri che hanno deciso di aprire le porte al terzo commissariamento del Comune in cinque anni. Su di loro l’accusa di aver voluto far pagare al sindaco il conto delle demolizioni, anche se il documento approvato dall’aula non fa alcun cenno agli abusivi. Loro non ci stanno: “Le case non c’entrano, quello di Cambiano è un fallimento amministrativo”.
Una sindacatura “segnata solamente dai tratti della chiusura, dell’arbitrarietà e dalla mancanza di coerenza politico-amministrativa”, è il giudizio dei 21 nei confronti di Cambiano che nelle ore immediatamente successive al voto del Consiglio aveva accusato apertamente: “Il vero motivo lo sanno tutti qual è”. Un riferimento chiaro al ruolo avuto nelle demolizioni decise dalla Procura di Agrigento, con cui aveva stipulato un protocollo d’intesa, nei confronti degli immobili abusivi: “Ci sono delle sentenze della magistratura che lo hanno decretato e le sentenze vanno rispettate”, disse il sindaco che vive sotto scorta.
“L’abusivismo non c’entra nulla”, replica Anna Triglio, che con Cambiano aveva iniziato il percorso politico al Comune di Licata. “Sono stata il suo assessore ma all’indomani del voto ha disconosciuto il progetto di partenza”. Il suo nome è in cima alla lista dei consiglieri che hanno scritto la parola fine all’esperienza di Cambiano al Comune: “Da quel voto di mercoledì siamo stati accerchiati – racconta -. Licata è una città fatta da persone perbene. Nessuno ci ha chiesto le vere motivazioni della sfiducia, tutti ci hanno accusato di aver messo in atto la vendetta degli abusivi ma la verità è che l’abusivismo in questa storia non c’entra. Il sindaco? Lo considero una brava persona e sono dispiaciuta per le minacce che ha ricevuto, ma è arrogante e non ha mai cercato il dialogo. Non sono contenta, considero quella sfiducia anche una mia sconfitta ma non potevamo andare avanti”.
La pensa allo stesso modo Antonio Terranova, del gruppo ‘Avanti per Licata’, da sempre all’opposizione: “Mercoledì sera non ho di certo festeggiato perché so bene cosa significhi l’arrivo di un commissario – spiega – ma la situazione era tesissima e insostenibile”. Tra le accuse rivolte a Cambiano, ribadite nella mozione di sfiducia, la scarsa considerazione da parte del sindaco nei confronti dell’aula. In ballo anche vicende intricate come la raccolta dei rifiuti, con Cambiano che avrebbe virato in direzione inversa rispetto all’esternalizzazione del servizio decisa dal Consiglio: “Ora abbiamo costi altissimi, la differenziata non esiste e la città è sporca – afferma Terranova -. Quella sfiducia è stata una sconfitta per tutti ma non accetto che ci descrivano come dei nemici della legalità. Gli abusivi? Ci sono e anche io ho dei parenti con questo tipo di situazione ma questo non ha influenzato la mia scelta – risponde -. Licata è allo sbando e non potevamo andare avanti in questo modo. La verità è che a qualcuno fa comodo cavalcare l’idea del sindaco della legalità e dell’antiabusivismo senza entrare nel merito della mozione di sfiducia e delle nostre motivazioni”.
Nel calderone finisce anche il famoso protocollo d’intesa con la Procura di Agrigento: “Non ci sono dubbi sul fatto che le case che la magistratura bolla come abusive vanno abbattute – sostengono Triglia e Terranova – ma anche in quel caso il sindaco ha fatto tutto da solo, venendo in consiglio a cose fatte e con l’intesa già firmata”. Un tasto toccato anche da Piera Di Franco, anche lei, come Terranova, all’opposizione da sempre: “Ci ha accusati di averlo lasciato solo ma è lui che ha scelto di essere solo. La verità è che l’Italia vuole l’immagine del sindaco-eroe. Sono un architetto e per me le case abusive vanno demolite ma questo dovrebbe essere la normalità – aggiunge – e invece qui lo trasformiamo in un atto d’eroismo. La verità è che la Procura gli ha intimato di abbattere quelle case e lui non poteva fare diversamente. Gli altri problemi di Licata? Dall’abusivismo degli ambulanti al randagismo, fino ai beni confiscati che vengono consegnati al Comune e restano inutilizzati”.
Sul campo resta però un sindaco che vive sotto minaccia per le sue scelte in un territorio difficile: “Sono deluso e amareggiato – sono state le parole di Cambiano a giochi fatti -. Se questa è la fine che fanno gli amministratori che fanno solo il loro dovere, ho avuto minacce di morte, proiettili, due case incendiate”. Al sindaco, che si è detto “amareggiato dalla politica e dalla sua falsità”, risponde ancora Terranova: “Gli abbiamo manifestato la nostra solidarietà e ci ha sbattuto la porta in faccia. Credo che la vicinanza umana debba andare oltre le contrapposizioni politiche”. Il giudizio più duro, infine, arriva da Giuseppe Federico, capogruppo di ‘Italia civile popolare’: “Cambiano ha nascosto dietro al paravento della legalità il suo fallimento amministrativo”.