PALERMO – “Sui bilanci delle ex Province stiamo andando avanti con una finzione contabile di cui non vorremmo un giorno dover rendere conto”. Il sindaco di Messina, Cateno De Luca, leader della protesta delle fasce tricolori per le drammatiche condizioni in cui versano le Città metropolitane e i Liberi consorzi comunali della Sicilia, ha radunato, assieme ai parlamentari regionali Danilo Lo Giudice e Vincenzo Figuccia, più di in centinaio di amministratori locali, per lo più provenienti dalla provincia sullo Stretto, a piazza Indipendenza, a Palermo, davanti a Palazzo d’Orleans. In giornata incontreranno il presidente dell’Ars Gianfranco Miccichè e, dopo, il presidente della Regione Nello Musumeci. “Questa manifestazione non è contro nessuno – precisa De Luca – ma è a favore del territorio, perché ogni tanto questi palazzi, dove si prendono certe decisioni, hanno bisogno di sentire direttamente da noi quali sono alcuni dettagli che magari sfuggono”. Una frecciata all’Anci Sicilia e al suo presidente Leoluca Orlando, sindaco della città metropolitana di Palermo, però non manca: “Mi aspetterei una politica meno tiepida, ma mi auguro ancora che si possa lavorare presto nel segno dell’unità”.
Il tema che sta più a cuore ai sindaci è l’individuazione di quelle somme che potrebbero dare una boccata d’ossigeno alle ex Province. “Le abbiamo individuate nel fondo Sviluppo e coesione – continua De Luca – e stiamo parlando di una cifra imponente che è stata assegnata alla Sicilia: due miliardi e 300 milioni di euro per investimenti strategici. Di questi allo stato attuale, al di là di quello che possono dire vari assessori e vari dirigenti, mi risultano impegnati a malapena 500 milioni di euro e se entro dicembre 2021 tutte queste risorse non diventeranno cantieri aperti si perderanno”.
Altra questione da risolvere è quella del prelievo forzoso: “In Sicilia è stato prelevato di più rispetto alle altre Province delle regioni a statuto ordinario. Non sappiamo se questi avrebbero evitato il la dichiarazione di dissesto, io vi dico che probabilmente è così, ma lasciamo stare ormai è storia”. “La Sicilia – conferma Danilo Lo Giudice, parlamentare regionale e sindaco di Santa Teresa di Riva – si trova in condizioni di disparità rispetto alle altre regioni d’Italia. I soldi che arriveranno in virtù dell’accordo Stato-Regione sono solo una boccata d’ossigeno, ma non bastano”.
E Vincenzo Figuccia, deputato all’Ars dell’Udc e leader del movimento CambiAmo la Sicilia, chiede un intervento legislativo deciso: “Noi chiediamo che ci sia una riforma del settore per garantire le competenze delle ex Province. Il presidente della Regione lo aveva promesso anche nelle dichiarazioni programmatiche. Bisogna affrontare la questione con un disegno di legge organico che possa anche reintrodurre l’elezione diretta degli organi, per dare di nuovo voce ai cittadini. Le elezioni del 30 giugno così come saranno organizzate non serviranno a nulla se non a dare vita a un nuovo nomificio”.
“Non è il miglior accordo, ma l’unico possibile per le disponibilità finanziarie da parte dello Stato. Abbiamo dovuto scegliere tra una soluzione tampone, che ci consentisse di salvare dal dissesto 5, 6 ex Province, e il non fare nulla. Abbiamo optato per la prima”, ha detto il presidente della Regione, incontrando a Palazzo d’Orleans una delegazione di primi cittadini dell’Isola. Alla riunione erano presenti anche l’assessore all’Economia Gaetano Armao,il capo di Gabinetto e il coordinatore della segreteria tecnica del presidente della Regione Carmen Madonia e Giacomo Gargano.
I sindaci hanno segnalato l’impossibilità, in molti casi, di poter approvare un bilancio triennale, così come previsto dall’attuale normativa finanziaria. Un problema che ha una ricaduta in tema di appalti pluriennali che utilizzano i Fondi sviluppo e coesione. Per questo motivo, il presidente Musumeci chiederà un appuntamento al competente ministro per il Sud Barbara Lezzi, affinché possa essere trovata una soluzione procedurale idonea.