CATANIA – Di certo il cielo non cambierà colore né la Terra la sua forma. Così come non cambieranno le percentuali sulla disoccupazione, sulla crisi della politica e sulle derive populiste dell’Europa e d’Italia. Il voto di domenica delle primarie del Partito democratico riguarda principalmente la compagine di recente formazione – il Pd non ha ancora dieci anni – i suoi equilibri interni, i rapporti di forza e le divisioni. Una storia già vista nel partito che avrebbe voluto – e vorrebbe ancora – compattare il centrosinistra, ma che a oggi non sembra esserci riuscito, dilaniato da correnti e divisioni, alleanze strategiche mal digerite e azioni non coerenti con la storia della gauche in salsa italiana. Fratture mai composte che, anzi, sono diventate sempre più profonde e difficili da saldare. Qualunque mozione vinca. Chiunque farà il segretario del Pd.
In questo, la città di Catania – ma la Regione non è da meno – sembra emblematica: le divisioni hanno caratterizzato i democratici sin dalla prima ora, e adesso la distanza tra membri dello stesso partito sembra insuperabile. Nonostante le alleanze di opportunità. C’è addirittura chi, dopo essersi definito renziano, non andrà a votare alle primarie per non legittimare chi, nella città etnea, è stato scelto per rappresentarli tutti, i renziani. Il post su Facebook, poi rimosso, della consulente del sindaco Bianco, Federica Quattrocchi, tra le fan dell’ex premier e più attive in occasione della festa dell’Unità alla Villa Bellini, potrebbe rappresentare il pensiero di molti all’interno del Pd. “Non posso votare perché significherebbe legittimare, ed io non ho mai legittimato. Siamo troppo rigidamente differenti, direi per fortuna, e ideologicamente distante anni luce. Non accetto più che quel tipo di linea politica, quel modus operandi, stia dentro il mio partito, e se questo è ciò che vuole Matteo Renzi, non contribuirò al eleggerlo segretario”.
Il chi è Luca Sammartino – insieme a Valeria Sudano, a Raffaele Nicotra e a tutta la corrente di Articolo 4 – membro del Pd da anni, ormai, ma considerato da sempre un corpo estraneo, da respingere o almeno arginare. Lui, Sammartino e il gruppo che rappresenta, le primarie le ha già vinte. E’ il renziano siciliano, insieme all’assessore regionale Anthony Barbagallo, ed è il capolista della mozione Renzi. Nonostante i malumori, i mal di pancia, il Pd siciliano la sua nuova composizione sembra, dunque, averla già, con buona pace degli “storici” sostenitori di Matteo Renzi, costretti a farsi da parte contro il nuovo che avanza.
Il sindaco di Catania, però, sembra aver accusato bene il colpo – ammortizzato dalla scelta del braccio destro dell’ex ministro degli Interni, Francesco Marano, come vicepresidente del partito siciliano, pochi giorni dopo la presentazione delle liste a sostegno delle mozioni dei candidati alla segreteria del Pd.
Rispolverando i Liberal per l’occasione, Bianco chiama infatti a raccolta i suoi e invita a votare per Matteo Renzi. “Abbiamo la necessità – ha detto – di rilanciare i valori e le idee democratiche e che i Liberal PD hanno sempre sostenuto: la lotta alle corporazioni e alle rendite di posizione nel campo economico e sociale, la necessità di un’azione riformista nel settore istituzionale e della macchina statale, la valorizzazione del merito, il rilancio delle politiche sul Mezzogiorno, la capacità dell’Italia di essere protagonista in Europa, la centralità del PD come perno delle forze riformiste. Tutto accompagnato da un sostegno pieno al governo Gentiloni che sta ben operando per il Paese. Renzi è il segretario adatto a rilanciare questi temi, come ha già dimostrato con il governo da lui guidato, superando alcuni errori del passato e rilanciando il nostro partito. Ed ha già evidenziato la capacità di raccogliere un largo consenso tra la gente, anche oltre il campo del PD. Per questo motivo chiediamo ai cittadini di votare domenica Matteo Renzi, dando così il supporto per costruire un PD all’altezza delle sfide del Paese”.
Più di un appello, al quale tra l’altro, avrebbero risposto in tanti, quasi un manifesto, un messaggio all’ex premier, di fedeltà e di disponibilità. A fare cosa, però, ancora è presto per dirlo. Il non correre per diventare presidente della Regione, ipotesi comunque possibile anche se le dimissioni da sindaco non arrivassero entro lunedì (se Crocetta si dimettesse Bianco sarebbe di nuovo in gioco), potrebbe non escludere che il sindaco possa lasciare anzitempo Palazzo degli Elefanti per un posto, perché no, al Senato, legge elettorale permettendo, o per un ruolo politico, magari di livello internazionale.