Forza d'Urto e i blocchi del 2012 |Ferro e Richichi rinviati a giudizio - Live Sicilia

Forza d’Urto e i blocchi del 2012 |Ferro e Richichi rinviati a giudizio

"A testa alta affronteremo anche questo" è il commento di Mariano Ferro (nella foto), leader dei Forconi. Processo anche per Fabio e Carmelo Micalizzi, della Associazione Pescatori Marittimi Professionali.

"Violata l'ordinanza del questore"
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CATANIA – Giuseppe Richichi, Mariano Ferro, Carmelo e Alfio Micalizzi sono stati rinviati a giudizio per i fatti collegati alla clamorosa protesta del movimento Forza d’Urto che ha paralizzato la Sicilia nel gennaio del 2012. La notizia è stata resa nota attraverso un comunicato da Fabio Micalizzi, uno degli imputati e Presidente Regionale dell’Associazione Pescatori Marittimi Professionali. “Tutte le nostre manifestazioni, spostamenti e scioperi erano state comunicate in tempo utile alla questura di Catania e autorizzate – commenta Micalizzi – e come sarà dimostrato durante l’udienza tutte le manifestazioni pacifiche sono state svolte in clima democratico e senza creare danno alcuno a persone e/o cose”.

“A testa alta affronteremo anche questo” è il commento su Facebook di Mariano Ferro, leader dei Forconi. Le accuse contestate a lui e al presidente dell’Aias sono precise. Per la Procura “i due in concorso avrebbero dato vita, ognuno in funzione del proprio ruolo, al comitato promotore “Forza d’Urto”. Entrambi avrebbero violato le prescrizioni dell’ordinanza emessa dal Questore il 12 gennaio 2012, in particolare “il divieto assoluto, durante le giornate di protesta, di creare intralci alla circolazione e di non ostruire gli accessi all’area portuale, ai caselli autostradali e a qualsiasi altro luogo di libero transito”. E ancora, di “non essersi attenuti rigorosamente a qualsiasi prescrizione impartita dal responsabile della sicurezza pubblica”.

Fabio Micalizzi rincara la dose e nel suo comunicato afferma che il processo sarà l’occasione “per poter portare alla luce altre denunce che ho già protocollato alla Procura della Repubblica di Catania in qualità di parte offesa e che ancora oggi non hanno trovato soluzione”.

 

 

 


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