CATANIA – Catania, gli architetti, il piano regolatore e le aristocrazie finanziarie, di questo scrive Ottavio Cappellani sulla sua pagina facebook. “Caro Enzo Bianco, ti scrivo pubblicamente in questi allegri giorni di elezioni dell’ordine degli architetti. Ti scrivo perché ti ho visto ritratto con una piccozza in mano (e ti sei fatto fregare, perché hai dato l’immagine di un sindaco muratore in mano agli architetti direttori dei lavori – con tutto il rispetto per i muratori e pochino per gli architetti catanesi), ti scrivo pubblicamente in questi allegri giorni in cui abbiamo visto, al porto, le proiezioni psichedeliche sui container (la prima proiezione su container me la fece vedere la mia bisnonna), ti scrivo negli allegri giorni in cui gli architetti si sono spremuti le meningi creative e hanno fatto dell’orribile monumento ai caduti un torroncino condorelli, ti scrivo per sapere se questa città merita tutto questo, merita questo ridicolo, merita questa incompetenza.”
Polemico e caustico, è questo lo stile di Cappellani, che dubita del gusto estetico degli architetti autoctoni e così si pone delle domande: “Facciamo così, lo voglio sapere soltanto io, ti scrivo a nome personale, e credo di poterlo fare perché nel gioco incrociato delle lingue leccanti (l’accademia al comune, il comune all’accademia, l’ordine all’accademia e al comune etc etc) io mi sono sempre astenuto e dalle attività della lingua e da quelle del letto per fare carriera. Epperò, personalmente, voglio sapere se Catania, con il problema del piano regolatore incombente, debba ancora dare credito a questa comitiva di architetti nella quale, da decenni, è scomparsa la nozione di meritocrazia, te lo chiedo da scrittore, anche se in questa città gli scrittori e gli intellettuali hanno sempre avuto la funzione e il compito di leccare il culo agli assessori alla cultura di turno (Licandro non me ne voglia, è anche simpatico). Posso? Sappiamo tutti (vero che lo sappiamo?) che la faccenda del piano regolatore è sul tavolo, che il piano regolatore dato in mano all’accademia ha prodotto qualcosa che non va bene – e giustamente – né a Virlinzi né a Ciancio. Per una volta le nuove forze intellettuali che si muovono a Catania sono d’accordo con i vecchi “padroni”. L’unico ostacolo a una Catania contemporanea, all’altezza del ruolo che le spetterebbe al centro del mediterraneo, è rappresentato da questa accademia (e da questo ordine degli architetti) vecchia, bolsa, compromessa, confusa, inelegante, borghese.”
Secondo Cappellani il nuovo piano regolatore non è buono né per le aristocrazie danarose della città né per i cittadini e perciò l’appello a Bianco è ovvia conseguenza. “La città, non quella dei pub, ma quella degli investimenti, della proprietà terriera, immobiliare, te lo chiede a gran voce. Per quanto tempo ancora dobbiamo vedere le botteghe sfitte in via etnea? Gli archi della marina? I monumenti ai caduti che sembrano vespasiani “addobbati” da artisti scappati di casa che si autodichiarano “berlinesi”? Non credi anche tu che mettere per un momento – diciamo una decina di anni – queste persone fuori dalla porta, potrebbe dare respiro alla città? Io, tu, tanti altri sappiamo che i problemi sono tanti, e che tutti questi problemi, al momento, si concentrano e riversano su una scommessa: il piano regolatore. Siamo in tanti a credere che toglierlo di mano all’architettura catanese sia un bene. Ne hai il coraggio? E’ una semplice curiosità da intellettuale.”
Uno sfogo, quello dello scrittore etneo, che ha per bersaglio il mondo dell’architettura catanese. La lettera è la presa di posizione di un intellettuale che senza paura scrive la sua opinione e denuncia. Un post che sul social network ha creato polemica, confronto, critica: oltre cento i commenti di risposta allo scrittore, architetti, artisti, semplici cittadini hanno voluto dare voce ai propri pensieri. Cappellani ha rotto gli argini ad un tema “scottante” viste le reazioni. La lettera, però, lo ricordiamo aveva un destinarario preciso. Enzo Bianco, sindaco da meno di un mese e quindi ancora “incolpevole”, come risponderà alla domanda di Ottavio Cappellani? E soprattutto, si chiede il mondo 2.0: risponderà?