Era una Messa di Natale, forse. Don Paolo Turturro si avvicinò al microfono per la consueta omelia. Disse: “Natale è la festa dei cattolici”. Poi, accompagnando la predica con un gesto di disprezzo: “I cattolici? La gente peggiore che c’è. Campioni di ipocrisia”. Fu allora che ci innamorammo dell’eresia di un prete che indicava lo stesso amore e lo stesso Dio, con un linguaggio folle. Un uomo diverso nella chiesa di tanti. E quando è un cristiano a fare la differenza, non sai mai se sia un santo o un blasfemo.
Appendiamo oggi di una conferma in appello. Di una condanna. Di una pena comminata per l’orrore più osceno che esista, l’atto mai scusabile: la sofferenza e l’abuso inflitti alla tenerezza, al candore dei più piccoli. Abbiamo fiducia nella giustizia di questo mondo, dopo tutto. C’è un secondo grado di giudizio che assottiglia al minimo il beneficio del dubbio. I legali ricorreranno in Cassazione. Tuttavia, la sentenza pesa come un macigno gigantesco. Certo, non è una sconfitta collettiva di chi credette nella felice pazzia delle parole trascorse. Ma il dolore è immenso.
Quando don Turturro predicava, Palermo buona accorse al suo altare, invocata e chiamata da una coloratissima carta moschicida. Si bruciavano le armi giocattolo. Un verbo di solidarietà e umanità reciproca risuonava al Borgo Vecchio, lì dove le famiglie dormono ancora rinserrate in un garage. In uno dei paradisi dello spaccio. Lì dove la scuola era e rimane un fragile presidio di coscienza. Il Borgo Vecchio, un mondo assediato dall’erba del malaffare. E non in periferia come lo Zen, a un passo dagli ultimi splendori di una città.
Paolo Turturro disponeva soprattutto della forza del discorso. Con le omelie infiammava le anime vogliose di riscatto. Con i suoi libri, cementava – con la calcina delle pagine – la volontà di costruire un quartiere migliore. Professionisti, disoccupati, donne, giovani, vecchi. Tutti si presentarono al cospetto di quel San Giovanni con l’occhio acceso di passione. Tutti cercarono di dare una mano.
Qualcuno mise su una domestica filo-drammatica. Qualcuno cucinava. Qualcuno badava ai bambini di Baucina, nel centro “Dipingi la pace”. Turturro scrisse pure un musical che fu rappresentato in molte piazze. Il tema non cambiava: la vittoria della luce sulla tenebra. Ora c’è una cappa di tenebra a coprire la missione di un sacerdote ritenuto colpevole per la seconda volta di un delitto tremendo. Il dolore è immenso. E non per la figura del carnefice raccontata dalle carte del Palazzo di giustizia. Per le vittime innocenti.