“Gli atti di indagine eseguiti e gli elementi acquisiti nell’ambito di altri procedimenti, poi confluiti nel presente, consentono di ritenere provata, in punto di fatto, l”esistenza di risalenti rapporti – diretti e indiretti – degli esponenti di Cosa nostra della provincia di Catania con Raffaele Lombardo e con Angelo Lombardo'”.
Comincia con queste parole il capitolo che i magistrati della Direzione direzione distrettuale antimafia di Catania dedicano al presidente della Regione e al fratello. Capitolo inserito nella richiesta di misura cautelare e non nel provvedimento firmato dal giudice per le indagini preliminari che ha portato in carcere cinquanta persone. Un’ottantina di pagine in cui saltano fuori i nomi di mafiosi già condannati e di altri al momento solo accusati di esserlo. Gente che ricoprirebbe anche ruoli di primo piano nelle gerarchie di Cosa nostra.
Le accuse di Avola
Si parte ricordando le dichiarazioni Maurizio Avola, killer del clan Santapaola, che nel 2006 mette a verbale di avere visto nel corso del telegiornale una foto dell’onorevole Raffaele Lombardo, “dove facevano questa alleanza con la Lega Nord, Calderoli”. E’ la stessa persona, racconta Avola, che nel 1992 aveva visto a casa di un falegname, Salvatore Zappalà, di San Giovanni La Punta. Casa dove era nascosto Benedetto Santapaola, allora ricercato per l’omicidio del generale Dalla Chiesa. Il pentito avrebbe visto Lombardo incontrare anche Marcello D’Agata, uomo d’onore del clan. Lo ricorda bene per via di quella bella auto, una Lancia Delta evoluzione, a bordo della quale il governatore era giunto all’appuntamento ad un distributore di benzina. Perché Lombardo si sarebbe incontrato con Santapaola? Avola non lo sa, ma sa di cosa si parlava in quegli anni all’interno di Cosa nostra. “Di un partito solo siciliano, sudista, tutte queste cose, tipo Lega, tipo qua, tipo là, mettiamo i paletti nella Sicilia: questo nel ’91, ’92 si parlava”. Avola precisa, però, che non intende dire che in quel progetto fosse implicato Lombardo. Queste dichiarazioni non hanno trovato riscontro. A cominciare dalla macchina. A Catania sono state immatricolate solo due Delta evoluzione, ma dopo che Avola è stato arrestato.
Gli incontri con Di Dio
Un punto a favore del governatore. Subito dopo, però, segue una parte in cui i pm gli non risparmiano dure critiche. E’ il paragrafo dell’atto d’accusa che riguarda i rapporti fra Raffaele Lombardo e Rosario Di Dio, uomo d’onore, esponente spicco del clan Santapaola, arrestato, condannato e sorvegliato speciale con obbligo di soggiorno dal 2003, quando lascia il carcere. In quell’anno, scrivono i pm, “non solo permaneva nella consorteria, anzi avviava una ascesa ai vertici, che lo portava ad un ruolo egemone nel controllo delle attività delittuose Ramacca e Palagonia”. Il 26 maggio Di Dio chiama tale Salvo Politino e gli dice di essere stato contattato da un amico, “Angelo”, consigliere comunale di Forza Italia, transitato nel Mpa, che lo informava che l’indomani sera sarebbe venuto a Palagonia “Bartolo Pellegrino (omonimo dell’ex deputato regionale) assessore all’Agricoltura alla Provincia”. Poi chiarisce che Angelo è un “uomo di Raffaele Lombardo”. Pellegrino cercava aiuto per la campagna elettorale, ma Di Dio aveva sbattuto la porta in faccia ad Angelo con le parole che ripete a Politino: “Angelo, tu lo sai, è inutile che viene per cercare voti, perché voti non ce n’è per Raffaele, bello chiaro, lascia che io ero nel Mpa, voto a lui non gliene davo perché il comportamento che ha, è per me un uomo indefinibilequello che ho fatto io quando lui è salito la prima volta… neanche se viene il Padreterno troverà più queste persone e siccome io ho rischiato la vita e la galera per lui e le cazzate che ha fatto lui non mi vuol dire che tu sei immondizia, da me all’una e mezza di notte è venuto, ed è stato due ore e mezza, qua da me, dall’una e mezza alle quattro di mattina, si è mangiato sette sigarette”. Dunque, Di Dio sostiene di avere aiutato, in passato, Lombardo con cui ora non vuole avere più niente a che fare nonostante il governatore gli invii le buste con i fac simile. Il suo rancore salta fuori anche il 19 dicembre successivo, quando Di Dio parla con l’amico e medico Salvatore Astuti. Accendono la tv, appare Lombardo e Di Dio spara a zero: “Un pezzo di merda è”. Commentano la nuova giunta regionale “del Pdl Sicilia”. “Perché non gli fanno la mozione di sfiducia e lo mandano a casa?”, chiede Astuti e Di Dio precisa: “Ci vogliono i numeri… questo dura cinque anni…”. Gli attacchi di Di Dio proseguono: “Perché questo è gesuita, hai capito ?”. Poi Astuti guarda al passato: “…Ti ricordi quando è venuto da te ad Aci Sant’Antonio? Ah!”. Di Dio: “Certo che me lo ricordo. Tu devi pensare che questo, alle prime elezioni regionali che ci sono state, questo gran bastardo aveva fatto un accordo con (parole incomprensibili) a Catania. La sera prima, la sera prima delle votazioni, avevo la sorveglianza speciale è venuto con (parole incomprensibili), è venuto qua con suo fratello Angelo (parole incomprensibili) si è mangiato otto sigarette. Gli ho detto: Raffaele, ma io che ho la sorveglianza speciale, come ci vado (parole incomprensibili ) a cercare le persone e andargli a dire invece di votare a (parole incomprensibili) vota a Saro Di Dio”. L’espressione “mangiare sigarette” non è casuale. I due interlocutori conoscono il vezzo di Lombardo di aprire la carta che avvolge la sigaretta, prelevare una quantità di tabacco e masticarla. “La circostanza che l’incontro si sia svolto dall’una e mezza alle quattro di notte, dunque – scrivono i pm – può spiegarsi soltanto con la consapevolezza che i fratelli Lombardo avevano di recarsi a casa di un mafioso, amico, ma pur sempre mafioso”.
I rapporti con Aiello
Altro paragrafo è dedicato ai rapporti con il boss Enzo Aiello, accusato di essere il rappresentante provinciale della famiglia catanese di Cosa Nostra dal 2005 fino al 2008, quando è stato arrestato. Rapporti mediati da Giovanni Barbagallo, insospettabile geologo arrestato nel blitz dei cinquanta. “Gli esiti delle investigazioni e delle indagini tecniche fin qui espletate dimostrano da un lato, che Bargagallo – si legge nella richiesta – costituisce il collaudato e stabile canale di comunicazione tra l’organizzazione criminale in esame, della quale egli stesso è partecipe, e i fratelli Raffaele e Angelo Lombardo, una sorta di tramite operativo attraverso il quale vengono sottoposte ai ridetti uomini politici le richieste volte ad assicurare all’organizzazione criminale il controllo territoriale del settore delle opere pubbliche e con esso l’acquisizione di rilevantissimi profitti illeciti; dall’altro, ulteriormente concorrono a delineare la statura criminale di Aiello – si legge ancora – soggetto investito, al livello più alto di responsabilità, del compito di dare concreta attuazione alla strategia di intervento propria dell’organizzazione criminale in esame, mirante a sottoporre gli imprenditori operanti nell’area territoriale di influenza al pagamento di somme di denaro, a titolo di corrispettivo per la protezione accordata, e, addirittura, ad orientare preventivamente la scelta delle opere pubbliche da realizzare”.
Ed ancora scrivono i magistrati: “Barbagallo ha continuato ad adoperarsi attivamente per supportare con impegno e dedizione assoluti i candidati indicati da Raffaele Lombardo sui quali ha riversato di volta in volta i voti rastrellati, unitamente a Aiello e ad altri componenti della medesima organizzazione criminale, nei vari Comuni impegnati nelle elezioni per il rinnovo delle amministrazioni locali”.
A giugno 2008 Barbagallo e Aiello parlano e rivelano che la campagna elettorale per la presidenza della regione di Lombardo sarebbe stata finanziata dalle cosche. Come? Aiello lo spiega così: “Non solo… non vi scuddati, ci resi i soddi nostri! Del Pigno ci resi a iddu ppa campagna elettorale … i soddi ca l’impresa”. “Il significato di questa frase è assolutamente inequivocabile – spiegano i pm -. Si tratta, a ben vedere, di una tra le più gravi, se non addirittura la più grave in assoluto, acquisizioni investigative scaturite dalle intercettazioni telefoniche ed ambientali effettuate nel presente procedimento. Essa descrive, senza lasciare spazio alcuno a possibili dubbi semantici o inesistenti difficoltà interpretative , il dato nudo e crudo della avvenuta consegna a Lombardo Raffaele di una somma di denaro destinata al finanziamento della sua campagna elettorale. E chiarisce, al tempo stesso, che tale finanziamento è stato disposto dal rappresentante provinciale (dunque dal capo) della più forte e ramificata organizzazione mafiosa operante nella provincia di Catania, in favore di un uomo politico al tempo impegnato in campagna elettorale”.
Con Raffaele ora non ci puoi parlare
“E sempre di voti si parla il 25 maggio 2008 in un’altra intercettazione. “Con Raffaele ora non ci si può parlare”, dice il geologo Barbagallo a Sorbera, anche lui arrestato, che risponde: “Intantu acchianau (nel senso che e stato eletto, ndr) Questo pezzo di merda di Berlusconi”. E Barbagallo rilancia: “Non ci si può parlare! con Angelo macari e macari (nel senso che c’è la possibilita, ndr) ma con Raffaele…”. Alla conversazione partecipa anche Carmelo Finocchiaro, altro arrestato, che constata il peso politico del governatore: “…intanto siede al tavolo di Berlusconi, l’altro giorno”. Sorbera pronuncia la parola “Mpa” poi passa a parlare di arance per riprendere il filo del discorso poco dopo: “Ma li ha voluti, i voti li ha voluti Giovanni e qualche cosa anche qualche… a livello… non è che stiamo domandando cose”. E Barbagallo conclude, quasi ribadendo di vantare una sorta di titolo di credito per l’appoggio elettorale garantito ai Lombardo in passato: “…Con Angelo si può parlare li deve ringraziare questi che gli hanno dato i voti, prende e ci vanno”.