Supera i 5 miliardi di euro il deficit della Sicilia, di cui 4 miliardi e mezzo sono a carico della regione, mentre la restante parte (460 milioni), è quella coperta dallo Stato. A dirlo è il giudizio di parifica sul bilancio 2008 presentato nella relazione delle sezioni unite della Corte dei Conti. Anche quest’anno le casse dell’Isola attraversano una “fase di notevole deterioramento” e “Tutti i saldi fondamentali di bilancio – si legge – presentano valori negativi”, anche per quei valori che “in passato avevano realizzato risultati positivi”. Unica, buona notizia, la riduzione del deficit sanitario, dovuta al piano di rientro adottato dal governo che ha innescato “un percorso di risanamento con l’accordo del 31 luglio 2007” e che ha spinto la Corte a dare un giudizio positivo del provvedimento: “Reca le misure di riequilibrio finanziario e di ristrutturazione dei debiti delle gestioni sanitarie siciliane”. Si è così passati dai 572 milioni di euro del 2007 ai 331, 8 milioni di euro del 2008, e questo nonostante la spesa sanitaria rappresenti ancora, in Sicilia, una componente “significativa”, con il 53%, del totale della spesa regionale, mentre a incidere per il restante 44,5% sono le spese correnti regionali.
L’analisi dettagliata, illustrata alla presenza delle massime autorità della Regione, è uno strumento che col tempo si è trasformato in un “mezzo di configurazione unitaria degli obiettivi economici”. Eccoli, dunque, i mali dell’Isola su cui si è soffermato il procuratore Giovanni Coppola nella sua requisitoria: sanità, formazione professionale ed “elevatissimo numero di dipendenti”, quasi 21mila. Nell’amministrazione regionale, la Sicilia vanta infatti il record di un dirigente ogni 5 dipendenti, a fronte di una media di 50 nell’amministrazione dello Stato. I dirigenti a tempo indeterminato sono 2111 e ciascuno costa, con gli oneri sociali inclusi, 109mila euro. Un dipendente assunto a tempo indeterminato, invece, costa in media alla Regione 42mila euro, a cui vanno aggiunti sempre gli oneri sociali. Ancora alto il costo per la spesa sanitaria “e ciò nonostante non vi sia stato un aumento della qualità dei servizi offerti”: dagli 8 miliardi e 556 milioni del 2007, si è passati a oltre 11 miliardi. La differenza di 3 miliardi di euro è stata spiegata dalla Corte con il “contratto di prestito” stipulato tra la regione e lo Stato per ripianare i debiti di aziende sanitarie e ospedaliere. Tolta questa somma, si è comunque registrato nel 2008 un aumento della spesa di circa 337 milioni di euro. “Nel 2006 ciascun siciliano, neonati compresi, spendeva per la sanità 1512 euro all’anno – ha detto il procuratore Coppola – mentre nel 2008 si è arrivati a 1761, cifra che, con il ripianamento dei debiti pregressi, sale a 2284 euro”. Queste voci servono a retribuire gli oltre 50mila dipendenti, tra i quali ci sono oltre 11mila dirigenti medici, 2213 dirigenti non medici e quasi 36mila unità che formano il personale del comparto. Diminuiscono, restando comunque superiori al miliardo, i costi per i convenzionati esterni e diminuisce del 4,4% la spesa farmaceutica.
La Corte ha inoltre definito “significativo” il peggioramento del saldo tra entrate e spese correnti: “l’indebitamento è cresciuto dell’83,14 %. Assai elevato è il costo del debito pari, per capitale e interessi, a 397 milioni di euro”. La Corte ha inoltre bacchettato la Regione per non essere riuscita “ad assolvere pienamente gli obblighi assunti con l’accordo per il patto di stabilità interno 2008”. Dai continui richiami della Corte dei Conti emerge un “Bisogno di trasparenza nei conti pubblici” e una “piena assunzione di responsabilità” che coinvolga il “governo regionale in un quadro che deve includere margini di intervento anche “sugli enti locali”.
Altra voce critica del bilancio, su cui la Corte già in passato si era espressa criticamente, è quella dei corsi di formazione professionale: nonostante i corsi siano diminuiti, rispetto all’anno precedente, del 18% e gli iscritti siano in flessione del 30,6%, essi sono costati 60 milioni di euro in più, con un aumento del 20%. Impietose le cifre fornite al riguardo: circa il 30% degli allievi si ritira prima della fine del corso, pochi i frequentanti “appena 11 allievi per insegnamento”, di questi, solo uno studente e mezzo (sic!) ottiene un lavoro “definito coerente – spiega Coppola – sarebbe un eufemismo per dire affine”. Con costi esorbitanti: ciascun corso costa in media ai contribuenti 108mila euro, mentre ciascun frequentante costa oltre 9mila euro (per la scuola statale in Sicilia si spende invece la metà). Conclusione? “L’effettivo avviamento al lavoro di un singolo giovane attraverso la formazione professionale grava sulle tasche dei contribuenti per ben 72mila euro”.
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