PALERMO – “Pure elucubrazioni mentali”, sono trancianti le parole con cui il giudice per le indagini preliminari di Messina Simona Finocchiaro boccia i dubbi e i sospetti sollevati dalla Commissione regionale antimafia sull’attentato a Giuseppe Antoci, ex presidente del parco dei Nebrodi.
L’attentato del 2016
Nel maggio 2016 la macchina blindata con cui Antoci e la scorta percorrevano di notte la strada statale per Cesarò fu raggiunta da diversi colpi di fucile. La Procura di Messina ha cercato, senza riuscirci, di individuare movente e autori.
Sono state eseguite intercettazioni a tappetto (non solo nel contesto mafioso ma anche fra investigatori e vittime dell’attentato), analizzati i mozziconi di sigarette trovati ai lati della strada, studiati i dettagli balistici, ma l’inchiesta si era chiusa con l’archiviazione.
I dubbi della Commissione
La commissione regionale antimafia guidata da Claudio Fava ha sviscerato il caso a lungo concludendo con l’auspicio che “su questa vicenda si torni a indagare”. La Commissione aveva premesso che sul piatto ci fossero tre ipotesi: attentato mafioso fallito, atto puramente dimostrativo o simulazione senza che Antoci ne fosse al corrente. Delle tre ipotesi, però, i commissari ritenevano che l’ipotesi del “fallito attentato con intenzione stragiste apparisse la meno plausibile”.
La Procura guidata da Maurizio De Lucia ha accolto l’invito, riaperto il caso e battuto le piste suggerite dalla commissione.
Il comportamento di Manganaro
La Commissione ha sollevato dubbi sul fatto che Daniele Manganaro, il poliziotto che intervenne la sera dell’attentato, pur essendosi insospettito per alcune presenze fuori dal locale dove avevano cenato, decise di non avvertire né Antoci, né la scorta. Perché?
Secondo il giudice, Manganaro alla commissione antimafia ha fornito una spiegazione plausibile: erano sensazioni e preferì andare sul posto senza avvertire per evitare il panico: “Non potevo mai pensare che sarebbe successo un attentato, se avviso la scorta creo un’ulteriore situazione di pericolo”.
Il comportamento della scorta
Altri dubbi della commissione hanno riguardato il comportamento della scorta di Antoci. Perché si scelse di abbandonare una macchina blindata per salire su quella di Manganaro che non lo era?
“Appare ragionevole ritenere che l’auto blindata – scrive il giudice – una volta raggiunto dai colpi di fucile, venne abbandonata perché ritenuto non più sicura, efficiente e marciante. Mantenere Antoci sulla macchina, benché blindata, e forse non marciante. fino all’arrivo di altre forze dell’ordine averebbe esposto tutti per un tempo indeterminato ad un evidente, concreto e significativo pericolo”.
I mancati accertamenti sui massi
Perché non è stato fatto alcun accertamento sui massi che intralciavano la corsa della macchina? Magari il mezzo blindato avrebbe potuto sfondare l’ostacolo? “Perché se avesse deciso di sfondare l’ostacolo, non prevedibili sarebbero stati i danni subiti dall’auto e la possibilità della stessa di rimanere marciante”
Il rifugio
Perché si scelse si condurre Antoci non verso il centro abitato ma in un rifugio del parco? “È una critica fine a se stessa, Santostefano (il caposcorta) e Manganaro hanno fornito una giustificazione logica e credibile: la personalità era al sicuro”.
L’ex poliziotto
La Commissione ha valorizzato le dichiarazioni dell’ex poliziotto Mario Ceraolo. Quest’ultimo riteneva poco plausibile che i mafiosi avessero raccolto i bossoli per non lasciare tracce: “Quando opera la mafia non bada alle armi, non ha problemi di garantirsi l’immunità nascondendo le armi, anzi le butta… chi ha tolto i bossoli ha interesse se quella è un ‘arma regolarmente detenuta e registrata”.
Sul punto il Gip scrive che “le perplessità del Ceraolo seppur legittime non possono per ciò solo destituire di validità gli accertamenti tecnici esperiti né le ricostruzioni operate dalla Polizia scientifica, e a maggior ragione non possono – in assenza di ulteriori elementi probatori – far escludere la pista dell’attentato con modalità mafiose e far propendere per una messinscena”.
I preconcetti della Commissione
Ed ecco la con conclusione del Gip: “Sebbene le indagini non abbiano consentito di risalire agli autori dell’attentato, alle sue modalità e al movente, la conclusione raggiunta dalla Commissione (ossia che l’ipotesi del fallito attentato mafioso sia la meno plausibile) appare preconcetta e comunque non supportata da alcun dato probatorio… più esplicitamente eventuali illazioni sul coinvolgimento dell’Antoci o degli uomini della sua scorta appaiono pure elucubrazioni mentali”. Fava ha replicato: “Dal Gip parole gravi” (leggi qui); (qui la solidarietà di D’Agostino)