CATANIA – Sono serviti oltre dieci anni per arrivare ad un primo punto processuale. Il blitz Grease, scattato nel 2010, sferrò un colpo durissimo al clan Cintorino (alleato dei Cappello di Catania) che opera tra Calatabiano e Taormina. Fu fermato un imponente traffico di cocaina che portava a collegamenti con ‘corrieri’ spagnoli e narcos colombiani. Ma cosa più importante, fu ricostruita la mappa del pizzo individuando almeno 12 episodi. Le accuse a vario titolo, infatti, erano associazione mafiosa, estorsione e droga.
Il boss del clan Cintorino da poco pentito
In quella retata finì in manette Carmelo Porto, il boss che due anni fa – dopo l’arresto nell’inchiesta Isola Bella – ha portato un vero e proprio terremoto nelle cosche che operano nella riviera jonica. Le sue rivelazioni hanno determinato, assieme ad esiti investigativi e accertamenti degli inquirenti, l’invio dei commissari prefettizi al comune di Calatabiano per verificare che non vi siano state infiltrazioni nell’attività amministrativa.
Il ruolo della figlia del boss
Nel corso dell’operazione non fu arrestata la figlia di Porto, Francesca che poi fu catturata alcuni giorni dopo. Secondo l’ipotesi accusatoria la donna sarebbe stata il “collettore” del padre, all’epoca detenuto, tra il carcere e l’esterno. Insomma avrebbe utilizzato i colloqui per poter ricevere messaggi poi da trasmettere agli affiliati a piede libero.
La sentenza
Consuelo Corrao, presidente della terza sezione penale del Tribunale di Catania, alcuni giorni fa, ha letto la sentenza nei confronti dei quattro imputati che optarono per il processo ordinario. Che si è chiuso – ma solo nella fase di primo grado – undici anni dopo l’operazione antimafia. Trent’anni di reclusione è stata la pena inflitta a Carmelo Porto, mentre la figlia Francesco è stata condannata a 12 anni 6 mesi e 54 mila euro di multa. Gli altri tre imputati Michele Cintorino, Giuseppe Timpanaro e Sebastiano Reitano sono stati rispettivamente condannati a 7 anni, 10 anni 6 mesi e 47 mila euro di multa, 10 anni e 3 mesi e 45 mila euro di multa. Le motivazioni saranno depositati tra 90 giorni. È certo il ricorso in appello delle difese. Anche quella del collaboratore di giustizia vista la misura (severa) della condanna.