Finiti nell’occhio del ciclone per aver pagato il pizzo: è successo ai titolari del palermitano ristorante ‘Charme’, indicato nella lista delle attività commerciali che si sarebbero piegate al racket delle estorsioni. Durante gli scorsi giorni, il ristorante, che in più occasioni ha fornito servizi all’amministrazione comunale, era tornato ad essere protagonista delle pagine di cronaca per via di una proposta del consigliere Salvatore Orlando (Pd). Lo stesso bistrot, infatti, gode tuttora di una convenzione con il comune di Palermo. Così Orlando, in una lettera al presidente Campagna, aveva chiesto di revocare il contratto tra la presidenza del consiglio e il ristorante.
Ma dallo ‘Charme’ si difendono: “in questo momento si sta facendo il processo alle parole – dice Germana Ferreri, una dei titolari del locale – vogliono ricondurci colpe che non sono state comprovate nelle sedi opportune. L’amministrazione ci revochi la concessione se ritiene che siano venuti meno i requisiti richiesti, ma non lo faccia per questa vicenda che, tra l’altro, non coinvolge la nostra società”.
La società proprietaria dello Charme, infatti, è formata da Lucia Dieli (amministratore delegato), Lorenzo Programma e Germana Ferreri.
La somma che sarebbe, invece, stata versata sotto forma di contributo “per le famiglie bisognose”, sarebbe stata opera di Ippolito Ferreri, padre di Germana. “Si è trattato di un’iniziativa privata di mio padre, che negli ultimi anni mi ha sostituita al locale, da cui mi sono dovuta allontanare per motivi di salute” racconta la figlia.
Tra Ippolito Ferreri e la società, infatti, non risulta alcun legame giuridico: “Mio padre – prosegue Germana – è ben voluto da tutti, conosce la sua città da sempre, è uno che sa vivere a Palermo. Nessuno di noi era al corrente di questo scambio, lui non ha ritenuto di doverne parlare neanche con me, figuriamoci con gli altri soci. Quel che immagino sia successo è che sarà venuto qualcuno a chiedere, una tantum, un contributo per le famiglie bisognose. Lui è un uomo di cuore, per questo ha pagato. Non so nemmeno quanto gli abbia potuto dare. Escludo categoricamente l’ipotesi di qualunque forma di costanza nei pagamenti, si è trattato sicuramente di un episodio. Vivendo quotidianamente il locale, ce ne saremmo accorti”.
“Noi abbiamo avuto contezza di questo episodio dagli organi di stampa, non eravamo al corrente di nulla – precisa l’amministratore delegato, Lucia Dieli – se fosse esistita una sistematicità nei pagamenti, ce ne saremmo accorti. Si è trattato di una generosa iniziativa privata del signor Ferreri, che nulla ha a che vedere con i conti della società”.
“Io sono sempre stata contraria alla mafia – interviene nuovamente Germana Ferreri – preferirei chiudere il locale piuttosto che pagare il pizzo. Sono certa che questa cosa non sia mai avvenuta sistematicamente”.
In risposta alle dichiarazioni di Orlando degli scorsi giorni, Germana Ferreri precisa: “la politica deve con obiettività non parlare di codici, ma attualizzare il suo operato a partire da quello che succede nella vita reale. Pagare il pizzo è un reato e in quanto tale è giusto condannarlo. Ma nella nostra società questo non è mai successo, si è verificato un singolo episodio riconducibile alla sola persona di mio padre, estraneo alla società stessa. E si è trattato di una donazione a famiglie bisognose, non di una richiesta di estorsione. Noi siamo la parte lesa – continua Ferreri – quel che si vuole fare è penalizzare un’attività commerciale che a fatica, come tutti in questo momento di crisi, continua a mantenere gli impegni con chi ha trovato un’occupazione nel locale”.
Certo è che per il ristorante ‘Charme’ questi ultimi giorni non sono stati proprio serenissimi. E se, da una parte, la magistratura stabilirà con certezza come siano andate le cose, dall’altra resta un dubbio in sospeso: se è vero che il ristorante non si è mai piegato al racket, perché non ha aderito ad Addiopizzo? “Il mio parere – conclude Germana Ferreri – è che un’attività commerciale è aperta al pubblico e accoglie tutti. Nella mia vita privata posso scegliere da che parte stare, nella mia attività non posso schierarmi. Alzo la saracinesca e sono aperta al pubblico, non posso conoscere la vita privata di tutti i miei clienti. Quello che fanno fuori dal ristorante non è affar mio, quel che mi interessa è che restino soddisfatti del servizio che io ho offerto loro”.
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