CATANIA – “La città di Catania è senza dubbio diventato un luogo di riferimento per le operazioni di sbarco dei profughi raccolti in mare. Già individuata per la collocazione del CARA più grande d’Europa e parrebbe non a caso, oggi in questa città, nella tendopoli di circa 100 mila euro creata al porto di Catania per l’accoglienza, la Polizia di Stato deve operare per le procedure di identificazione ed accertamento delle persone, che approdano in questa costa. Ricordiamo che i porti ove approdano le navi sono: Hot Spot di Pozzallo, Taranto e simil Hot Spot di Augusta e Catania, oltre a Trapani, Palermo e Messina, molti nel mirino delle Procure poiché si ipotizza che i centri di accoglienza (non solo l’hot spot strutturato, ma anche la tendopoli), al di là dell’emergenza, sarebbero “fuorilegge” rispetto alla legislazione in materia portuale: nessuna delle funzioni previste dalla legge 84/1994 è lontanamente riconducibile a quella dell’accoglienza.
Le condizioni di lavoro non sono certamente le più agiate, visto che nel minor tempo possibile i poliziotti devono fotografare, intervistare, identificare uomini donne e minori. Le condizioni ? servizi continuativi senza soste per gli stessi operatori, per via dei pochi agenti, senza pasti e in postazioni di fortuna, al freddo, senza riscaldamenti o altro. Una città di frontiera a tutti gli effetti con un apparato di sicurezza sottratto alle attività ordinarie della città e chiamato al difficile e delicato compito di garantire l’ingresso di cittadini stranieri nel territorio Europeo. Non è possibile che dopo mesi, un apparato di sicurezza che affronta un servizio così delicato, operi in costante emergenza e con pochi uomini e donne, oltretutto sottratti al controllo del territorio.
Negli attuali dibattiti, si sentono diverse posizioni politiche sull’argomento, ma la sensazione è che chi fa politica, in special modo di opposizione strumentalizzi a proprio merito le posizioni. Nessuno Stato potrà mai respingere i migranti in mare, nessun Stato potrà mai rimpatriare o respingere determinati soggetti in nazioni ove non esistono accordi. Attualmente, il migrante che giunge in Italia è sempre privo di documenti, e se non si hanno riscontri tramite la lettura delle impronte, la dichiarazioni rilasciate sulla identità non sono nell’immediatezza riscontrabili. Solo l’esperienza e la professionalità dell’investigatore, con attente interviste o riscontri pratici, può determinare con poco margine di errore se chi è intervistato può celare altri fini.
Ma se per motivi a noi non comprensibili, le operazioni di accoglienza verranno ancora condotte con esagerata premura, va da se che qualche falla nel sistema potrebbe capitare. Per questi motivi abbiamo chiesto più volte al Ministero dell’Interno, considerati gli scarsi margini di dialogo con Prefetto e Questore di Catania, di intervenire affinché in questa città si creano aree strutturali adeguate e siano inviati adeguati rinforzi per poter, con più tranquillità procedere con le operazioni di accoglienza”.