Addiopizzo V, in appello | 11 condanne e 5 assoluzioni - Live Sicilia

Addiopizzo V, in appello | 11 condanne e 5 assoluzioni

Escono indenni Salvatore Vitale, Gaetano Ciaramitaro, Edoardo La Mattina, Sergio Messeri e Gaspare Pulizzi. La pena più pesante a Gaspare Di Maggio: 10 anni.

L'avvocato Enrico Tignini

L'avvocato Enrico Tignini, difensore di Salvatore Vitale, l'unico imputato assolto sia in primo che in secondo grado

PALERMO – Confermato in appello l’ennesimo colpo al clan mafioso dei Lo Piccolo. Ma arrivano quattro assoluzioni in più rispetto al primo grado. Al processo Addiopizzo V arrivano undici condanne e cinque assoluzioni: a uscire indenni dal secondo grado sono Salvatore Vitale (difeso dagli avvocati Ennio Tignini e Silvia Sansone e già assolto in primo grado), Gaetano Ciaramitaro (per lui 6 anni in primo grado), Edoardo La Mattina (aveva avuto 2 anni in continuazione con una precedente condanna), Sergio Messeri (aveva avuto 8 anni) e Gaspare Pulizzi (aveva avuto due anni).

Questi, invece, gli imputati condannati: Salvatore Cataldo 8 anni e 4 mesi (10 anni in primo grado), Filippo Catania 8 (4 anni), Gaspare Di Maggio 10 (pena confermata), Lorenzo Fazzone 6 anni e 4 mesi (4 anni e 8 mesi), Giuseppe Lo Verde 6 (8), Gioacchino Morisca 8 anni (5 anni e 4 mesi), Giorgio Pillitteri 6 anni e otto mesi (6), Vincenzo Pipitone 5 anni (6), Carlo Puccio 8 (pena confermata), Francesco Puglisi 5 (6), Massimo Giuseppe Troia 5 anni e 4 mesi (pena confermata).

E’ solo l’ultimo dei tronconi di un processo che ha già visto condannare decine di mafiosi, presunti e conclamati. Il blitz spazzò via le ultime pedine dell’esercito dei boss di San Lorenzo. Gli investigatori della Squadra mobile coordinati dall’allora procuratore aggiunto Antonio Ingroia e dai sostituti Francesco Del Bene, Marcello Viola, Anna Maria Picozzi e Lia Sava, decriptarono i segreti trascritti nei pizzini trovati al capomafia nel covo di Giardinello. Emergeva lo spaccato di una cosca impegnata nelle estorsioni e nel traffico di droga.

Pizzo, soprattutto. Come quello imposto agli imprenditori impegnati nella ristrutturazione dell’aeroporto Falcone e Borsellino, nella realizzazione della caserma Bichelli dell’esercito, in viale Strasburgo, e di un asilo materno a Cinisi. L’attenzione dei boss si sarebbero anche concentrate anche su nuovi business, come nel caso di “O sole mio”, il centro benessere in via Libertà, all’angolo con piazza Castelnuovo, di Filippo Catania (difeso dall’avvocato Mario Bellavista, era già stato condannato per favoreggiamento ma assolto dalle accuse di mafia e intestazione fittizia di beni).

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