Il dipendente pubblico ha diritto a non restituire le somme percepite in buona fede. Così ha stabilito iol Tar accogliendo il ricorso proposto da alcuni agenti della Polizia penitenziaria di Agrigento.
Nel 2022 un ordine di servizio della casa circondariale annullava il precedente con cui aveva dato il via libera al pagamento delle indennità di servizio esterno agli agenti del Nucleo traduzioni e piantonamenti.
I poliziotti hanno fatto ricorso con il patrocinio degli avvocati Girolamo Rubino, Giuseppe Impiduglia e Mario La Loggia. Il ministero della Giustizia ha ribadito la legeittimità del recupero delle somme. I legali hanno sostenuto “che il principio della doverosità del recupero delle prestazioni retributive indebite incontra comunque un limite nel legittimo affidamento del percettore, in conformità con i principi affermati dalla Corte europea e dalla Corte di Cassazione in materia di legittimo affidamento”.
In parole povere: l’indennità era stata erogata per cinque anni spontaneamente dall’amministrazione penitenziaria. Il riconoscimento dell’indennità non è dipeso da un errore materiale o di calcolo di cui il dipendente avrebbe potuto ragionevolmente accorgersi né l’attribuzione è avvenuta in via
provvisoria con riserva di ripetizione. Circostante che “hanno ingenerato una legittima aspettativa alla definitività dell’attribuzione patrimoniale in favore degli agenti penitenziari”. Il Tribunale amnministrativo regionale ha dato ragione ai poliziotti.