"Alfano è un cane per i carcerati" | I boss volevano eliminarlo - Live Sicilia

“Alfano è un cane per i carcerati” | I boss volevano eliminarlo

Un frame delle intercettazioni

Dalle parole dei mafiosi fermati dai carabinieri nel Palermitano emerge il risentimento nei confronti del ministro dell'Interno: "... chi glielo ha portato allora qua con i voti di tutti… degli amici… è andato a finire là… insieme a Berlusconi ed ora si sono dimenticati di tutti…". Ipotizzavano di ucciderlo a Roma o ad Agrigento in occasione della prossima campagna elettorale. Il ministro: "La liberazione della mia terra da questi maledetti vale di più della vita di ciascuno di noi"

PALERMO – I mafiosi di Chiusa Sclafani e Palazzo Adriano, paesi dell’entroterra palermitano, nutrono odio e risentimento per il ministro dell’Interno Angelino Alfano. E la loro rabbia rimane impressa nei nastri delle intercettazioni. C’è un capitolo nel fermo disposto dalla Procura della Repubblica di Palermo ed eseguito stamani dai carabinieri dal titolo: “Il progetto di attentato all’on. Alfano”.

Settembre 2014. In una masseria di Contessa Entellina si incontrano Vincenzo Pellitteri, responsabile della famiglia mafiosa di Chiusa Sclafani, il suo referente Pietro Pollichino, e il capo famiglia di Palazzo Adriano, Pietro Paolo Masaracchia. I primi due sono stati fermati stamattina nel blitz dei militari  del Gruppo di Monreale. Masaracchia in carcere c’è finito l’anno scorso. Le cimici sono in funzione: “… che questo Angelino è un porco con le persone… chi minchia glielo ha portato allora qua con i voti di tutti… degli amici… è andato a finire là… insieme a Berlusconi ed ora si sono dimenticati di tutti… tanto che si è dimenticato a tutti che… e dalla galera, dalla galera dicono cose tinte su di lui…”.

Hanno in mente una soluzione estrema per togliere di mezzo il ministro dell’Interno, di cui hanno già discusso: “… ed io gliel’ho detto a Vincenzo, se siamo, se c’è l’accordo… lo fottiamo a questo… lo fottiamo, gli cafuddiamo (ndr: diamo) una botta in testa… ci vuole un po’ d’impegno, gli cafuddiamo una botta in testa… però noialtri… ah? Non perdiamo la faccia, noialtri siciliani! Di questo si tratta… è un cane per tutti, per tutti i carcerati… Angelino Alfano…”.

Masaracchia paragona il comportamento di Alfano a quello del presidente degli Stati Uniti, John Fitzgerald Kennedy: “Kennedy era allora il presidente degli Stati Uniti, perché a Kennedy chi se lo è masticato. Non ce lo siamo masticato noialtri là in America. Eh… ed ha fatto, ha fatto le stesse cose che ha fatto Angelino Alfano… che prima è salito con i voti di cosa nostra americana e poi gli ha voltato le spalle… eh… dunque se non ci difendiamo…”.

Il procuratore di Palermo, Francesco Lo Voi, spiega che “parlare di progetto di attentato contro il ministro è troppo avanzato. Le frasi, però, ci dicono certamente due cose: c’è una forte recriminazione per la forte azione dello Stato e i fermati di oggi mostrano vicinanza a coloro che sono reclusi al carcere duro. Chi è fuori dal carcere fa propria la principale preoccupazione dei mafiosi: il 41 bis”. Sul riferimento a Kennedy, il procuratore spiega che “è difficile immaginare che siano a conoscenza delle dinamiche che portarono alla morte del presidente americano”.

Torniamo al dialogo intercettato. Pollichino si rammarica che non ci sia più il capo dei capi in circolazione perché “Totò (Totò Riina, ndr) ha capito tutte cose… se avevamo lui qua”. Purtroppo, aggiunge Masaracchia, i messaggi del boss, veicolati all’esterno del carcere, non trovano riscontro: “… ma nessuno però fa niente per lui… nessuno, non gli dà conto più nessuno, lui si lamenta, si fa, si dice…”.

Lo collera contro Alfano li spinge a programmare, seppure nelle linee generali, l’omicidio del ministro. Masaracchia ipotizza di farlo a Roma dove “ho già il posto, a Roma c’è gente che ha una casa e la mette a disposizione che te la da un giorno prima, per questo c’è solo di essere… perché ora… se lui per esempio per ora in Italia… è fuori Italia, però appena lui rientra… è inutile che… noialtri lo dobbiamo aspettare… appena a lui cala il sonno. Minchia gli deve calare. Ma noialtri lo dobbiamo sminchiare dove lui se ne va a dormire, quando lui se ne va a dormire…”.

Altra ipotesi: aspettare le prossime elezioni in occasione delle quali Alfano sarebbe rientrato in Sicilia: “Qua appena ci sono le elezioni lui si porta… e se ne viene qua ad Agrigento, che vuole i voti degli agrigentini… posto qua deve essere fatto… qua lo dobbiamo aspettare, tra due anni ci sono le elezioni…”.

Pillitteri ritiene opportuno aspettare fino a quando Alfano, non più ministro in caso di insuccesso elettorale, potrebbe rimanere senza scorta: “… avendo le elezioni, scusami, che appena si porta lui diventa nessuno mischiato con niente… gli levano tutte le scorte d’appresso…”.

Infine commentano un’intercettazione, pubblicata dai media, nel corso della quale Totò Riina, passeggiando durante l’ora d’aria, diceva che “… Berlusconi esce cinquecento mila euro l’anno. Ma questi soldi dove vanno a finire… ci sarebbe da andare a vedere quello là a chi… a chi li davano… Dell’Utri. Ora lui è dentro. A chi li portavano?”.

 La dichiarazione di Alfano

“Ci sono tanti servitori dello Stato che rischiano come e più di me, penso che la liberazione della mia terra, la terra di Sicilia, da questi maledetti valga di più della vita di ciascuno di noi”: così il ministro dell’Interno Angelino Alfano sulle intercettazioni di mafia da cui risulta che lo volevano uccidere.


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