PALERMO – “I tempi del grand hotel Ucciardone sicuramente sono stati superati anche grazie all’introduzione del carcere duro, ma restano sistemi di criticità importanti ad esempio sulla capacità che i boss hanno di comunicare all’esterno”. Lo ha detto il procuratore di Palermo Maurizio de Lucia al convegno “La mafia e il carcere” in corso al palazzo di giustizia di Palermo.
“Mi riferisco non ai mafiosi al 41 bis, a cui riusciamo a impedire ai contatti, ma ad esempio a chi è detenuto in regime di alta sicurezza che è invece un sistema che non funziona, come non funziona in realtà tutto il sistema carcerario”.
Situazione “aggravata dall’accesso dei cellulari”
“Dalle carceri si parla come fuori: quindi o risolviamo la cosa o gli mettiamo il wifi”, ha aggiunto ironicamente.
“In queste realtà – ha spiegato – i detenuti pericolosi diventano dominanti e i ‘fragili’ subiscono sia la condizione afflittiva che le pressioni e le angherie dei soggetti forti. La situazione è aggravata dall’accesso in carcere di strumenti come i cellulari, come dimostra l’inchiesta che oggi ha portato a 12 arresti”.
Il rischio: tornare a modelli anni ’80
“La capacità di accesso di questi strumenti è incontrollata e in carcere si riesce a fare quel che si faceva fuori. – ha proseguito – Se dal carcere ordini estorsione e fai affari con la droga è un problema che comincia a diventare strutturale e torniamo ai modelli anni ’80”.
“Il problema diventa a questo punto di riforme: – ha concluso – e intanto in carcere devono andarci i soggetti pericolosi, da qui l’esigenza di una riforma della pena. Per gli altri bisogna individuare circuiti di recupero”.