CATANIA – Lavoratori del call center Almaviva Contact in sit-in. Si sono dati appuntamento davanti al negozio Wind di Via Etnea prima di raggiungere in corteo la Prefettura per chiedere un incontro. Sono i dipendenti della società che in queste ore rischia di perdere la commessa Wind a causa delle gare al massimo ribasso che ormai la fanno da padrone nel panorama italiano. Sono quattrocentocinquanta i lavoratori del call center di Misterbianco che rischiano licenziamento.
Parliamo di un’azienda, che in Sicilia dà lavoro a seimila persone, e che rischia un progressivo smantellamento. Una condizione che riguarda tutte sedi dei call center Almaviva sparse sul territorio nazionale, dove lavorano circa 12.000 addetti. Una mattanza. Un rischio concreto per chi lavora da oltre dieci anni con contratti a tempo determinato pur sentendosi “precario a vita”. Il motivo è presto spiegato: la società gestisce le commesse per conto di grandi colossi delle telecomunicazione che di volta in volta rinnovano il tutto attraverso gare d’appalto. Il criterio di assegnazione, però, segue un modello tristemente noto: il massimo ribasso. E il costo da tagliare, neanche a dirlo, è quello del lavoro.
Come se non bastasse, il sistema italiano non prevede né una clausola contro a delocalizzazione né una tutela per i lavoratori che gestiscono già tale servizio. I lavoratori di Almaviva “costano sessanta centesimi al minuto” e si trovano a competere con personale da “trenta centesimi”. “La gara d’appalto per la commessa Wind che i lavoratori di Almaviva gestiscono da più di un decennio, a causa del meccanismo del massimo ribasso, potrebbe essere assegnata ad altre aziende che non hanno al momento alcun obbligo di assumere i lavoratori eventualmente licenziati da Almaviva”, spiegano gli sponenti di Slc Cgil, Fistel Cisl, Uilcom Uil e Ugl. “Facendo le gare al massimo ribasso e delocalizzando io costo di più di un lavoratore albanese quindi il mio posto di lavoro è sempre a rischio.
La mia azienda, Alamaviva, l’unica in Italia che non delocalizza non viene ascoltata dalle istituzioni e noi lavoratori ci ritroviamo in mezzo alla strada perché ogni volta che una commessa viene rinnovata con il principio del solo costo del lavoro”. Così parla Angelo, operatore del call center di Misterbianco che indossa una maglia arancione con una frase emblematica: “All inclusive Wind? Tutto incluso tranne i lavoratori di Almaviva”. “Oggi verrà assegnata la commessa Wind che Amaviva rischia di perdere perché il sistema di gare per l’aggiudicazione degli appalti prevede il sistema del massimo ribasso quindi senza nessuna garanzia per il costo della manodopera e con la possibilità per le aziende che se le aggiudicano di delocalizzare all’estero le proprie attività”, spiega il sindacalista della Cgil Giovanni Pistorio. “Aziende strutturate sul territorio nazionale che rispettano i diritti dei lavoratori, invece, rischiano di saltare”, continua Pistorio.
E mentre il puzzle della macelleria sociale si arricchisce di nuovi tasselli l’esecutivo nazionale resta a guardare. “Il governo assente – denuncia il sindacalista Cisl Antonio D’Amico- è un paradosso che nel 2015 non ci sia una tutela nazionale sulle gare d’appalto nei call center”. Infatti a fronte di una direttiva europea in materia di cambio d’appalto non recepita in Italia, nemmeno il Jobs Act dice una parola chiara sul tema: decretando così la mancanza di regole nel campo dei cambi d’appalto. “E noi ci ritroviamo a perdere una commessa e posti di lavoro in favore di una società che in primo luogo risparmia sui lavoratori, sottraendo loro le tutele”, argomenta D’Amico.