Si continua a scherzare pericolosamente con il fuoco dalle parti del governo nazionale M5S/Lega, a offrire delle insane illusioni alla gente in cambio di facili voti, a seminare bugie, mezze verità e slogan vuoti, stavolta con la condiscendenza, non volendolo considerare un ingenuo o un incompetente, del premier Giuseppe Conte e pure del troppo remissivo ministro dell’Economia Giovanni Tria.
Matteo Salvini e Luigi Di Maio nello stucchevole gioco di sgambettarsi a vicenda, divisi su quasi tutto, stanno cucinando l’ennesima pietanza avvelenata (la flat tax) mentre sembra inesorabile lo scivolamento del Paese verso un baratro profondo e oscuro, quello dei conti pubblici.
Lasciamo perdere per un attimo la deriva sui valori riguardanti la centralità della persona, l’uguaglianza, la solidarietà, i diritti civili; l’arretramento culturale e l’imbarbarimento dilagante con preoccupanti episodi di intolleranza, razzismo, xenofobia conditi a volte di rigurgiti nazi-fascisti; le inquietanti alleanze che si stanno formando in Europa e che vedono, sorridenti in foto con Salvini, leader di estrema destra cosiddetti sovranisti poco disposti alla costruzione di un’Europa solidale e democratica. Concentriamoci sul dolente tasto economico-finanziario.
Avevano già tentato di confondere le acque nella stesura del precedente Def (documento di economia e finanza) elencando spavaldamente misure e cifre fantasiose a dispetto degli inviti a un maggiore realismo della Commissione europea, della Bce, della Banca d’Italia, del Fmi, dell’Ocse, dell’Ufficio parlamentare di bilancio, della Corte dei Conti (eccetera eccetera), prospettando una crescita indiscutibile, la sconfitta della povertà, l’inizio di un anno bellissimo.
Adesso i nodi cominciano a venire al pettine. Noi avevamo lanciato l’allarme con diversi interventi su questo giornale, con il risultato di essere sommersi di insulti oppure di battute da copione prive di un ragionamento nel merito della questione utile al confronto civile (nessuno ha in saccoccia la verità assoluta e l’economia non è una scienza esatta). L’aumento del Pil è ora stimato intorno a un ottimistico 0,2% (altro che 1,5%) e andrà peggio nei prossimi anni se non si inverte la rotta; siamo in recessione (altro che crescita); deficit al 2,4% (altro che 2%); aumento del debito attestato intorno al 132,6% tra i più consistenti al mondo (altro che riduzione fino a portarsi al di sotto del 130% se non forse nel 2022); uno spread ancora assai febbricitante, foriero di ulteriori debiti per pagare a risparmiatori e investitori interessi alti.
Slittano i provvedimenti sulla crescita e sullo sblocca cantieri. Rimangono, insomma, piuttosto evanescenti le prospettive di solidi investimenti pubblici e privati, gli unici che possono farci uscire progressivamente dal tunnel della recessione, per restare nell’allegro ambito di elargizioni definite espansive (quota 100, reddito di cittadinanza e flat tax) basate non su risorse disponibili ma su debiti.
La flat tax di cui si sta discutendo (riduzione dell’Irpef), ennesimo fronte di lotta tra Salvini e Di Maio almeno sulle modalità di applicazione da definire mentre scriviamo, per essere varata nei suoi costi di circa (intanto) 12-15 miliardi imporrebbe drastici tagli alle spese, cioè ai servizi, o un aumento dell’Iva (di circa 23 miliardi) penalizzando i consumi, tertium non datur. Tria lo sta drammaticamente predicando a chiare lettere, finalmente.
Mettiamocelo in testa, nonostante le reiterate smentite corriamo veloci in direzione di una manovra correttiva, all’indomani delle elezioni europee del 26 maggio prossimo, di lacrime e sangue. Ogni buon cittadino auspica il meglio per l’Italia, tanto più se libero da appartenenze e tessere di partito. E’ vero, i precedenti governi hanno deluso. Però dobbiamo valutare oggettivamente con cifre alla mano, evitando isterie e atteggiamenti dannosamente fideistici, il percorso del governo giallo-verde in materia economica e finanziaria. E’ nel nostro interesse.