Scontri fra sindacati, lettere infuocate, accuse di danno erariale, commissioni consiliari che si contraddicono, vertici comunali che bocciano l’operato di una società partecipata e mandano l’incartamento alla Corte dei Conti. E tanto altro ancora. Si tratta di una vera e propria guerra, scoppiata da alcuni mesi a questa parte e che vede sul banco degli imputati l’Amap. L’ex municipalizzata, che gestisce il servizio idrico di Palermo, è infatti nuovamente nell’occhio del ciclone anche se l’accusa è sempre la stessa: riorganizzazioni del personale che, secondo gli uffici comunali, provocherebbero un danno erariale e andrebbero revocate. Un’accusa che ha provocato la stizzita reazione dell’azienda, che parla di una querelle “frutto di confusione, nonché di evidenti errori di lettura”.
Ma andiamo con ordine. L’Amap, ad oggi, conta poco più di 600 dipendenti dal momento che, in 16 anni, oltre 400 lavoratori sono andati in pensione. Secondo i dati forniti dall’azienda, il personale operativo ha una media di 51 anni e il 10% circa gode di prescritte limitazioni sanitarie. In 250, quindi, svolgerebbero un incarico superiore, per carenza di personale, e un centinaio di questi avrebbe già fatto causa. Un organico, pertanto, che l’azienda considera sottostimato alle proprie esigenze e per questo chiede, da almeno due anni, che si proceda all’assunzione di 30 operai specializzati dato anche che le ultime assunzioni risalgono a circa venti anni fa. Operai specializzati che costerebbero 202.000 euro l’anno, a cui andrebbero aggiunti i 605.000 necessari per le progressioni di 220 dipendenti e i 190.500 per le progressioni retributive incentivanti. In totale quasi un milione di euro. Operazioni sul personale che, però, sono di fatto bloccate per via della delibera 1/2009 del consiglio comunale, che ha imposto lo stop a qualsiasi assunzione o progressione (per tre anni, quindi sino a fine 2011) in tutte le società partecipate, dati i pesantissimi rilievi della Corte dei Conti risalenti al 2008.
LE RICHIESTE DELL’AMAP
L’Amap, pertanto, nel budget per il 2012 chiede una speciale deroga per poter procedere, dopo che una richiesta analoga, per il 2011, era stata bocciata. Una posizione condivisa anche dalle sigle sindacali, che il 13 maggio scorso scrivono a Sala delle Lapidi specificando che non si tratta di progressioni di carriera ma di “riconoscimenti di mansioni previste dal contratto collettivo nazionale del lavoro”, il cui mancato via libera “ha alimentato controversie di lavoro” che, scrive l’Amap, “trovano l’azienda spesso soccombente”. Il 19 luglio i sindacati vengono convocati dalle commissioni Aziende e Bilancio e viene redatto un documento unitario, con cui si chiede al consiglio comunale di intervenire “senza però gravare ulteriormente sul bilancio dell’azienda e sui trasferimenti dell’amministrazione comunale”. Insomma, si può tornare ad assumere ma solo per rimpiazzare i posti vacanti e si possono riconoscere mansioni superiori se lo prevede il contratto nazionale, senza però che questo costi un solo euro in più.
LA DELIBERA 55
Intanto, il 28 luglio il cda dell’Amap approva una delibera, la numero 55, con cui approva la cosiddetta “macro struttura”, ovvero attua una mobilità orizzontale, sopprime un servizio e il relativo dirigente, riduce il numero delle unità da 36 a 31 e crea un ufficio legale. Non assunzioni o progressioni di carriera, secondo il cda, ma semplicemente una riorganizzazione del personale che è solo una parte delle richieste complessive avanzate al comune, fra le quali figurano assunzioni e progressioni.
SINDACATI E CORTE DEI CONTI
Ma tanto basta perché la Cisl e l’Udl, il 19 ottobre, in rottura con gli altri sindacati, mettano nero su bianco tutte le proprie perplessità circa “la creazione ex novo di 23 unità operative – si legge nella nota inviata al comune – alle quali sono stati assegnati i responsabili, in palese violazione dell’articolo 16 del regolamento per il Controllo analogo (che prevede che ad approvare le riorganizzazioni del personale sia la giunta, ndr)” e con criteri non rispondenti “a logiche di legalità, efficienza ed economicità”. Accuse pesanti, che riguardano anche la non osservanza “dei principi di trasparenza nell’individuazione dei responsabili delle strutture”. Ma due giorni prima era stato lo stesso comune a sconfessare l’operato della società, dal momento che il capo di gabinetto del sindaco, Segio Pollicita, invia gli atti alla Corte dei Conti ipotizzando un danno erariale. Il 30 novembre, inoltre, la I commissione consiliare scrive all’Amap chiedendo la revoca della delibera 55. E appena nove giorni dopo, il 9 dicembre, la società riceve un’altra missiva, questa volta dell’Ufficio Enti controllati del comune che chiede la revoca della delibera e invita il Segretario generale a “valutare i presupposti per l’invio degli atti alla Corte dei Conti”.
LA RISPOSTA DELL’AMAP
Un fuoco di fila al quale l’Amap risponde mercoledì scorso, con sette pagine fitte di argomentazioni. La società, infatti, non solo nega di aver proceduto ad assunzioni o progressioni, tranne quando obbligata per legge, ma attacca la Cisl che si era detta d’accordo “su quanto previsto dal Piano industriale relativamente sia alle assunzioni che alla revisioni dei livelli di inquadramento”. Inoltre, scrive l’Amap, il costo del personale nel 2012, nonostante la macro struttura, ammonterebbe a circa 32 milioni, cifra inferiore a quella del 2010. Ma la società va anche oltre, giustificando con i contenziosi giuridici per il nuovo contratto nazionale la necessità di riverificare i livelli di inquadramento e giudicando i riferimenti all’articolo 16 del regolamento per il controllo analogo “non pertinenti”, dal momento che la riorganizzazione era prevista anche nei piani industriali degli scorsi anni già approvati dal comune. L’Amap inoltre difende anche la scelta di creare un ufficio legale, non solo per risparmiare sui ricorsi a professionisti esterni ma anche perché “gli avvocati aziendali, iscritti all’albo speciale, avevano competenze gestionali e amministrative” vietate sia dall’Ordine degli avvocati che dalla Corte di Cassazione. “Ogni tentativo di delegittimazione dell’operato dell’azienda appare infondato, pretestuoso e lesivo dell’Amap tutta”, scrivono i vertici aziendali che lanciano anche una precisa accusa: “Il danno erariale potrebbe derivare dall’annullamento della delibera e non potrà certamente essere imputato all’azienda”.
Una vicenda ingarbugliata, su cui sono intervenuti anche i consiglieri Salvo Alotta e Alberto Mangano, componenti della commissione Aziende: “Non si capisce perché si dovrebbe revocare una riorganizzazione del personale già approvata lo scorso anno”, dice Alotta. Mentre Mangano dichiara: “E’ paradossale la totale mancanza di fiducia fra l’amministrazione attiva e i vertici societari da essa nominati, che ha portato addirittura all’invio dei documenti alla Corte dei Conti. Si tratta di una tempesta in un bicchiere d’acqua: non ci sono gli estremi per censurare i vertici Amap. E’ un segno di crisi politica di questa maggioranza”.