Ardizzone accoglie Mattarella: | "La corruzione è una nuova mafia" - Live Sicilia

Ardizzone accoglie Mattarella: | “La corruzione è una nuova mafia”

"Credibilità della politica compromessa dagli scandali. Basta doppia morale". Foto d'archivio

Il Capo dello Stato all’Ars
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“La corruzione è una nuova mafia”. L’allarme è contenuto nel discorso discorso del presidente dell’Ars Giovanni Ardizzone, che ha così accolto a Palazzo dei Normanni il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, giunto all’Ars per celebrare, in seduta solenne, il settantesimo anniversario della prima seduta dell’Assemblea. “La grande scommessa da vincere è, dunque, – ha aggiunto – quella di fare della Sicilia un ‘laboratorio di civiltà’. Ci sono le condizioni per fare tutto questo? In particolare, in questo preciso momento in cui la credibilità è fortemente compromessa da scandali vecchi, recenti e recentissimi!”. C’è quindi un un chiaro riferimento alle ultime inchieste della Procura di Palermo sulla presunta corruzione, nell’intervento della prima carica del parlamento siciliano.

Uno sforzo, quindi, per cancellare dall’Isola le ombre del malaffare, quello richiesto da Ardizzone: “Noi – ha aggiunto – abbiamo il dovere di farlo, Presidente, senza se e senza ma, perché in primo luogo ce lo chiede la nostra coscienza di uomini liberi e forti. È questo il richiamo all’etica di chi ha responsabilità pubbliche. Non è girandosi dall’altra parte, come è stato fatto per tanti lunghi anni con la mafia, che si sconfigge una nuova mafia, quella della corruzione. Gli uomini di buona volontà, – prosegue – i colleghi parlamentari, e sono in tanti, hanno il compito complesso ma esaltante di ridare credibilità alle istituzioni, con la sobrietà nei comportamenti e con l’affrontare tutte le questioni amministrative e legislative con la purezza delle colombe, ma soprattutto con la prudenza dei serpenti. Prudenza, sì Presidente, è questo quello che spesso è mancato nell’agire amministrativo e legislativo. La prudenza dei Serpenti di evangelica memoria”.

Come detto, tra la corruzione e la mafia il passo è breve: “L’autonomia regionale – rivendica Ardizzone – non è nata da un compromesso tra lo Stato e la mafia, come da qualcuno è stato teorizzato, ma da un patto tra la classe dirigente regionale e nazionale del tempo, avversato dalla mafia. Anzi è la dimostrazione che la mafia cresce e prolifera ogni qual volta le istituzioni democratiche sono deboli e permeabili. Alla mafia – prosegue – non potevano stare bene né le libere elezioni, vinte dal fronte Popolare, né tantomeno l’insediamento della prima assemblea regionale, eletta democraticamente dalla quasi totalità del Popolo Siciliano. Un popolo quindi che, per la prima volta, si dotava di un’istituzione democratica rappresentativa degli interessi generali. Non vi è dubbio che, nel corso dei decenni, la mafia si è insinuata tra questi scranni ed ha frequentato questo palazzo, confondendosi talvolta con una parte della classe politica. Quella stessa politica che ha negato nei decenni l’esistenza della mafia rendendosene nel contempo serva e complice”.

Non si deve cadere nell’errore, però, di considerare l’Autonomia il vero male: “Sarebbe ingiusto ed ingeneroso – spiega infatti Ardizzone – non riconoscere che, pur in un contesto difficile, grazie all’autonomia sono state attuate importantissime riforme, da quella agraria a quella urbanistica, a quella sull’elezione diretta dei sindaci e alle tante altre prese ad esempio nel resto d’Italia. Se ciò è stato possibile lo si deve a quella classe dirigente illuminata che ha utilizzato la specialità come mezzo di riscatto del popolo siciliano e non come fine della sua azione politica. Parimenti in questi scranni si sono seduti deputati che, per la loro autorevolezza e il loro rigore morale, hanno pagato con la vita l’impegno politico, come i compianti Pio La Torre e Piersanti Mattarella. Risuona ancora in questa sala il coraggioso auspicio a “isolare e a respingere i comportamenti mafiosi”, formulato 38 anni fa dal Presidente Pier Santi Mattarella, in occasione della visita del Capo dello Stato Sandro Pertini”.

C’è, poi, nell’intervento di Ardizzone, una lunga riflessione sulla necessità di rivedere lo Statuto speciale. E non manca in questo senso né la critica, nè l’autocritica: “Negli ultimi anni – dice Ardizzone – si è progressivamente affermata una ‘visione predatoria’ dell’autonomia regionale, sia nel senso che una parte della classe politica regionale se ne è avvalsa per deprecabili finalità privatistiche, sia nel senso che le stesse strutture governanti statali hanno visto nelle autonomie e in quelle regionali, in particolare, solo una fonte di spesa da ‘tagliare’, spesso in maniera lineare”.

E del resto, secondo Ardizzone, il problema sta a monte: “La scissione del potere dalla responsabilità – spiega infatti – è oggi causa ed effetto, per quanto paradossale possa apparire, di talune degenerazioni che caratterizzano, in modo simmetrico, le istituzioni regionali e quelle statali. Quando parlo di responsabilità,- ha proseguito – non alludo solo a quella giuridica e a quella politica ma anche, e soprattutto, a quella morale nei confronti dei cittadini, che dovrebbe caratterizzare l’agire di chi fa politica e che costituisce l’essenza stessa dell’etica pubblica. Diffido della classe dirigente dalla doppia morale, diffido in altre parole di chi pensa che vi possa essere una morale pubblica ed una privata. Chi ha responsabilità pubbliche – conclude Ardizzone – non deve solo apparire ma deve essere in sintonia con la gente, che chiede sempre più giustizia sociale e sobrietà”. Ed ecco tornare l’eco delle ultime inchieste, delle ultime ombre sui palazzi della politica siciliana.


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