Svelato il bluff della maggioranza: | “Si poteva votare la mozione” - Live Sicilia

Svelato il bluff della maggioranza: | “Si poteva votare la mozione”

Il presidente dell'Ars rivela: "Il regolamento non vietava la discussione delle censure a Scilabra e Vancheri. Il rinvio è solo frutto della volontà politica dei partiti alleati del governo". Ma a votare il rinvio ecco anche qualche capogruppo di opposizione.

PALERMO – “Nessun regolamento impediva la votazione delle mozioni di censura”. Il bluff è svelato. Una rivelazione consegnata addirittura ai resoconti dell’ultima seduta d’Aula a Palazzo dei Normanni. Le parole sono del presidente dell’Ars Giovanni Ardizzone: “Quella di non affrontare le censure contro Scilabra e Vancheri è stata una scelta politica della maggioranza”. Una maggioranza che ha preferito quindi bloccare l’Ars per (almeno) un’altra settimana, pur di evitare alle due componenti della giunta Crocetta le forche caudine della censura.

Una scelta politica. Lo ha ammesso Ardizzone. Spazzando via definitivamente le bufale su presunti plenum mancanti, possibili voti irregolari, e indirizzando, così, i riflettori dei sospetti nei confronti non solo delle forze della coalizione che sostengono Crocetta (compreso il suo partito, l’Udc), ma anche in direzione di chi, pur facendo parte dell’opposizione, ha favorito questo ulteriore rinvio: la Lista Musumeci e l’Mpa, per l’esattezza.

Un bluff. Un escamotage da prima repubblica per preservare la rivoluzione. Questo è quello che emerge dalle parole del presidente dell’Ars, che conferma la presa di posizione in Aula di Antonio Venturino, il suo vice. Quest’ultimo, interpretando la posizione della presidenza si è visto quasi costretto a spiegare come fossero andate le cose, di fronte alla veementi proteste di alcuni deputati che gli chiedevano, appunto, come mai l’Aula avesse deciso di fermarsi. “I lavori d’Aula – ha detto in un primo momento Venturino – vengono stabiliti dalla conferenza dei capigruppo, ieri c’è stata una riunione, si sono determinati in questo modo, e quindi noi dobbiamo ottemperare a quella che è, come dire, l’indicazione uscita fuori dalla conferenza dei capigruppo che si è tenuta ieri pomeriggio”.

Il passaggio in effetti era già abbastanza chiaro. La conferenza dei capigruppo è un organismo che ha una valenza puramente politica. Ma qualche minuto dopo, Venturino è stato costretto a essere ancora più chiaro. Togliendo di mezzo pastoie ed equivoci. “Vorrei precisare, – racconta in Aula il presidente – ero presente anch’io alla Conferenza dei Presidenti dei Gruppi parlamentari, la decisione venuta fuori dai Capigruppo di maggioranza, non è stata una scelta dovuta a un regolamento”.

E allora? Il plemum, la validità del voto? “La Presidenza – ha proseguito Venturino – ha ribadito più volte che si poteva procedere regolarmente e andare avanti con i lavori d’Aula così come precedentemente prestabilito. E’ venuto fuori – ecco la vera spiegazione allo stop alle censure – che i componenti la maggioranza, i capigruppo della maggioranza, hanno optato per un rinvio dei lavori d’Aula sulla base delle motivazioni che hanno esternato. E’ chiaro che non è un problema di regolamento, è un problema che bisogna discutere all’interno dei propri gruppi, con i propri capigruppo. E quando la conferenza, che è sovrana, si determinerà, andremo avanti in base a quello che sarà l’indicazione della Conferenza stessa”.

Altro che problema tecnico. Altro che rischio di un voto non valido. Solo un bluff, utile al governo e servito ai siciliani sul piatto dell’ultima impostura. Buona parte del parlamento siciliano (esponenti di maggioranza e qualche sorprendente esponente dell’opposizione) insieme all’esecutivo (era presente anche il presidente Crocetta) hanno insomma deciso che quelle mozioni non andavano né discusse, né votate. E se fosse rimasto qualche dubbio, Venturino quasi a fine seduta insiste: “Quello che è stato stabilito ieri dalla conferenza capigruppo è stato anche votato alla fine dai presenti alla conferenza, questa è la riprova che la Presidenza non ha sottolineato problemi di natura amministrativa, era un fatto politico, si è passato a una votazione a conferma del fatto che questa Assemblea può tranquillamente continuare a lavorare. Pertanto, – aggiunge il vicepresidente – non c’è un problema regolamentare, non c’è un tentativo da parte di questa Presidenza di prolungare niente, c’è soltanto da parte di questa presidenza l’obbligo di ottemperare quelle che sono le regole dell’Assemblea. Ieri i capigruppo per i due terzi hanno votato nella direzione che abbiamo comunicato precedentemente, quindi non c’è un problema di regolamento, c’è soltanto una volontà politica”.

Una volontà politica. La volontà politica di fermare per un’altra settimana i lavori dell’Aula, di fronte a una Sicilia che brucia, a un bilancio di cui non si vede traccia, a disegni di legge lasciati a marcire nelle commissioni. Una denuncia rilanciata, in Aula, da diversi deputati, compresi i capigruppo Zafarana (Movimento cinque stelle), Cordaro (Cantiere popolare), D’Asero (Ncd), oltre al deputato Vinciullo, tra i più duri: “Esprimo tutto il mio disgusto”, ha detto. Di fronte a quella scelta politica, non tecnica. La scelta di prendere (o perdere?) tempo di fronte all’elezione del vicepresidente dell’Ars ma soprattutto di fronte alle mozioni di censura a due assessori del governo. Una volontà politica a dire il vero assai composita e frastagliata. Oltre ai partiti di maggioranza, infatti, a votare a favore del rinvio sono stati i capigruppo della Lista Musumeci e dell’Mpa, Santi Formica e Roberto Di Mauro. Voti fondamentali. Una loro decisione diversa, infatti, non avrebbe consentito di raggiungere i due terzi richiesti per modificare l’ordine del giorno. “Solo una decisione legata a un fatto tecnico”, hanno spiegato i due capigruppo d’opposizione che hanno votato insieme alla maggioranza. Ma il “problema tecnico” è solo un bluff.


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