"Le cose devono essere verosimili" | Le intercettazioni di De Luca - Live Sicilia

“Le cose devono essere verosimili” | Le intercettazioni di De Luca

Il neo deputato dell'Ars dettava la strategia per la gestione di un Caf a Fiumedinisi.

L'inchiesta di Messina
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PALERMO – Cateno De Luca avrebbe avuto “un ruolo di primo piano nel sodalizio criminale”. Così scrive il giudice per le indagini preliminari Monia De Francesco nell’ordinanza di custodia cautelare con la quale il neo deputato dell’Udc è finito agli arresti domiciliari. La richiesta di arresto è del gennaio 2017.

Un sodalizio che attraverso un sistema di false fatturazioni e costi inesistenti (per spese di personale e affitto della sede di Fiumedinisi) avrebbe consentito al Caf Fenapi di non sborsare quasi 1 milione e 800 mila euro di tasse.

Carmelo Satta, anche lui ai domiciliari, era il presidente del consiglio di amministrazione del Caf, ma di fatto tutte le decisioni sarebbero passate da De Luca, vero dominus della situazione. L’inchiesta riguarda i rapporti fra la “Federazione Nazionale Autonoma Piccoli Imprenditori” e la costola messinese che offriva, come fanno tutti i Caf, assistenza fiscale.

Sono le intercettazioni dei carabinieri e dei finanzieri del Comando provinciale di Messina a fare emergere il ruolo di De Luca. L’inchiesta è partita da una verifica fiscale dei finanzieri che nel 2013 si presentarono nella sede del Caf di via Lentinia a Fiumedinisi. Erano gli stessi dipendenti ad avere capito che rischiavano di finire nei guai. Cristina Triolo, nel gennaio 2015, spiegava a De Luca di avere notato una incongruenza nella relazione presentata all’Agenzia delle Entrate: “Niente, ti volevo chiedere poi un’altra cosa a proposito della relazione… che non so se…”. E l’onorevole rispondeva: “… ma fregatene… è un fatto tanto per sceneggiata, non è che.. è tutta cipria quella”. Una frase, scrive il Gip, che “non necessita di grandi commenti” e che confermerebbe il tentativo di mascherare ai finanzieri gli illeciti commessi.

Nel dicembre successivo De Luca, invece, sembrava avere cambiato atteggiamento. Era preoccupato per i controlli: “.. in questi cambi ora organizzativi… non escludo che mandino presso le direzioni dei Caf ispettori per verificare come hanno operato in questi anni capisci?”. E dettava la linea a Triolo: “… le cose pur se non si sono fatte, comunque devono apparire verosimili che sono fatte… per essere chiari va”.

Da qui l’ipotesi che gli indagati “si prodigano nel confezionare ad arte i documenti da sottoporre agli accertatori. La soluzione estrema per aggirare i guai, secondo l’accusa, sarebbe stata quella di spostare la sede legale da Fiumedinisi a Roma


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