Nessuna intesa sul vicepresidente | Ma la paralisi costa 15 milioni - Live Sicilia

Nessuna intesa sul vicepresidente | Ma la paralisi costa 15 milioni

I deputati decidono di rinviare l'elezione al 18 novembre. Ma da fine luglio il parlamento, tra mozioni, rimpasti, veti incrociati, non delibera. Ma continua a costare ai siciliani. Tra indennità dei parlamentari, collaboratori, spese dei gruppi e per i dipendenti, più di 5 milioni al mese.

PALERMO – La fumata nera, anche oggi, è il simbolo del Palazzo. Tanto fumo, poco, pochissimo arrosto. Sala d’Ercole non è ancora rientrata della ferie. Ferie strapagate, però, visto che ogni mese di Parlamento, tra emolumenti dei deputati e delle loro segreterie, dei gruppi parlamentari e del personale del Palazzo costa oltre cinque milioni. Insomma, dalle ferie di agosto a oggi, a cosa sono serviti i quindici milioni spesi dai siciliani per garantire indennità e stipendi? A nulla, o poco più.

Sala d’Ercole in realtà è ferma, immobile dalla fine di luglio. Chiusura anticipata (esclusa una breve seduta straordinaria buona per promulgare l’ennesima finanziaria impugnata) in vista di lavori di ristrutturazione. Al ritorno, ecco il “caso Siracusa” che ha impantanato nuovamente l’Assemblea. E ha allungato sugli scranni di Sala d’Ercole l’ombra del “mancato plenum”. Si può votare o no un ddl? Alla fine, per non saper né leggere né scrivere, l’Ars si è limitato ad approvare una legge che legge non è. È una sorta di “invito a legiferare”. La chiamano “legge-voto”. Sulla impignorabilità della prima casa. Che non ha alcun effetto, al momento, visto che dovrà passare dal governo nazionale. Sarà Roma, eventualmente, a dare l’ok. Mentre molti deputati, sia della maggioranza che dell’opposizione, hanno protestato: “Quella legge esiste già a livello nazionale”. Insomma, bene che vada, da luglio a oggi Sala d’Ercole ha approvato un (quasi)legge forse già in vigore. Niente male.

Per il resto, nulla, come dicevamo. L’Aula si è impantanata su mozioni, censure, elezioni. Le mozioni di censura nei confronti degli assessori Scilabra e Vancheri, dopo giorni di annunci, comunicati, “minacce”, non verranno mai votate. In compenso, veniva fissata una mozione di sfiducia al presidente della Regione che, stando al regolamento, ha bloccato ogni altra attività d’Aula. Una mozione che, come era ampiamente prevedibile, è stata respinta. Ma ha bloccato il parlamento in lunghissimi, estenuanti e sterili dibattiti.

Nel frattempo, i parlamentari riuscivano, in questi mesi, nell’arte che appare più di moda. Il rinvio, la proroga. Il caso dell’elezione del vicepresidente, necessaria già da mesi, dopo cioè l’elezione a Bruxelles di Salvo Pogliese, sfiora ormai il ridicolo. La carica dovrebbe andare all’opposizione. Un’opposizione “unita” per l’inutile mozione di sfiducia, ma clamorosamente incapace di scegliere un proprio rappresentante come vice di Giovanni Ardizzone. E così, ecco che si va avanti di rinvio in rinvio. L’ultimo oggi. Se ne riparla il 18 novembre. Una decisione della conferenza dei capigruppo, ma fortemente criticata dal Movimento cinque stelle: “Non ci stiamo. La vicepresidenza – hanno protestato i deputati grillini andava votata oggi, basta con le meline e i continui rinvii appesi alle scuse più assurde possibili. La verità – aggiungono i parlamentari – è che non riescono a mettersi d’accordo a chi assegnare la poltrona e vogliono infilare in un unico calderone anche le presidenze di commissione per escluderci e blindare il Palazzo. Non possono correre il rischio che arrivando spaccati al voto, sulla ruota della vicepresidenza esca il simbolo del Movimento 5 Stelle. Si troverebbero dentro alla misteriosa stanza dei bottoni occhi ed orecchie indiscreti che renderebbero impossibili certi giochetti e la censura delle informazioni scomode. Con noi dentro, ad esempio, – concludono – la busta paga dell’ex segretario Di Bella non sarebbe uno dei misteri d’Italia, né sarebbe passata sotto silenzio la questione dei rimborsi delle spese di rappresentanza, di cui siamo venuti a conoscenza solo dai giornali”.

Una soluzione, quella del rinvio, certamente gradita al centrodestra, che da settimane cerca un accordo su un candidato unitario. Ma le divisioni, come detto, sono evidenti. Già un paio di settimane fa, la probabile candidatura di Santi Formica aveva spaccato le forze politiche di centrodestra. Ancora in piedi l’ipotesi-D’Asero, mentre si fa strada quella del capogruppo del Cantiere popolare Toto Cordaro. Diversa la posizione del capogruppo del Pds-Mpa Roberto Di Mauro. In occasione della mozione di sfiducia al governatore, e nonostante il voto favorevole del suo gruppo, il deputato ha parlato di una “nuova fase” degli autonomisti, anche nei rapporti col governo e con i gruppi finora alleati (Forza Italia, Lista Musumeci, Ncd, Cantiere popolare e Grande Sud). Una presa di posizione che potrebbe consentire a Di Mauro di puntare alla carica di vicepresidente grazie, magari, al sostegno di frange della coalizione che sostiene Rosario Crocetta.

E se l’elezione non s’ha (ancora) da fare, non è che si veda granché sul piano delle leggi. Mentre prendono polvere in commissione le riforme sulle Province e sull’acqua, giusto per fare due esempi, oggi Sala d’Ercole si è sforzata di “incardinare” una… proroga. Già. Un nuovo rinvio. Quello che estende il commissariamento delle Province fino ad aprile. Solo perché governo e parlamento non sono riusciti ad approvare la norma entro i termini che loro stessi avevano fissato: quelli del 31 ottobre. Nel frattempo, del resto, c’erano da sciogliere i nodi del rimpasto, bisognava mettere d’accordo i partiti, sistemare le tessere del mosaico politico e ridisegnare la mappa del potere isolano. In quei giorni, però, il contatore dell’Ars continuava ad andare avanti. In tre mesi, solo per deputati, collaboratori e dipendenti, i siciliani hanno speso 15 milioni. Per “acquistare” qualche rinvio, qualche proroga. Per acquistare nulla. Nemmeno uno straccio di (vera) legge.


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