Assalto armato al treno |"Mi ha puntato la pistola..." - Live Sicilia

Assalto armato al treno |”Mi ha puntato la pistola…”

Nuova udienza del processo Nuova Famiglia.

CATANIA – Entra nel vivo il processo Nuova Famiglia, scaturito dall’inchiesta che due anni smantellò la nuova cupola della famiglia dei “Carcagnusi” che si era formata e organizzata per rimediare alla latitanza del capomafia Nuccio Mazzei. La Guardia di Finanza segue in diretta la nuova fase operativa e rintraccia boss e gregari che hanno cercato di rimettere in piedi la cosca in crisi dopo i diversi blitz delle forze dell’ordine. Sebastiano Mazzei – secondo la ricostruzione dell’accusa – sarebbe riuscito a mantenere le redini delle attività illegali attraverso il cognato Gioacchino Massimiliano Intravaia (marito della sorella del boss, Simona Mazzei), difeso dall’avvocato Francesco Antille e Salvo Pace. Ma non è l’unico personaggio della famiglia che sta affrontando il processo: nella lista degli imputati anche Christian Marletta (nipote del capomafia), difeso dall’avvocato Maria Lucia D’Anna.

Oltre a definire la mappa delle estorsioni e la rete di intestazioni fittizie la Guardia di Finanza riesce a fare luce su una rapina che si è consumata a bordo di un treno nell’estate del 2014. Per l’accusa uno dei componenti del commando armato che ha assaltato il treno sarebbe Nunzio Tenerelli.

Nell’udienza di oggi il pm Andrea Bonomo ha esaminato due testi chiave. La vittima, una giovane commessa cinese che si stava recando a Roma, e la capotreno che quella sera del 30 giugno 2014 alla stazione di Acireale è stata minacciata, pistola alla mano. La giovane donna cinese cerca di ricordare quello che è accaduto: “Mi ricordo che dormivo e hanno bussato, pensando – dice in un italiano stentato – che fossero i controlli per i biglietti ed ho aperto. A quel punto uno mi ha spinto verso la parete e l’altro mi ha preso lo zainetto dove avevo penso 700-800 euro. Non ricordo se erano due o tre. Avevano il volto coperto con una maglietta attorno al volto, si vedevano solo gli occhi”. Non riesce a dare indicazioni precise. “Non so se erano alti o bassi, la stanza era piccola”, risponde alle domande dell’avvocato Pippo Rapisarda, difensore insieme al penalista Salvatore Centorbi di Tenerelli che ascoltava seduto tra il pubblico l’esame della teste.

A parlare dopo è stata la capotreno. “Ricordo che mentre eravamo fermi alla stazione di Acireale sono salite tre persone, vestite con delle tute arancioni, che mi dicevano che stava male un bambino. Io rispondevo che non sapevo nulla, ma sono entrati nel vagone lo stesso. Nel frattempo una persona dal marciapiede, vestita con un paio di jeans, si tratteneva ma passando i minuti io avvertivo che dovevo dare l’ok per far partire il treno perché se poi era in ritardo la colpa ricadeva su di me. A quel punto si è avvicinato un altro uomo con il volto incappucciato che mi ha puntato una pistola e mi ha fatta sedere. Ho sentito qualche istante dopo una sorta di esplosione. Poi ho visto i tre uscire da una porta più avanti e tutti e cinque scappare. Dopo 15 minuti è arrivata la polizia”. Momenti inquietanti quelli ripercorsi dalla donna in aula davanti alla prima sezione penale del Tribunale di Catania.

 

 

 

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