Aste e droga a Catania, ecco i NOMI degli arrestati VIDEO

Aste e droga a Catania, ecco i NOMI degli arrestati VIDEO

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L'INCHIESTA
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CATANIA – Ecco i nomi degli arrestati nell’operazione Athena, coordinata dalla Dda di Catania e condotta dai carabinieri della compagnia di Paternò. In carcere Adriano Apolito di 35 anni, Natale Benvenga di 61, Pietro Cirino di 59, Filippo Cunsolo di 60, Vincenzo Cunsolo di 55, Francesco Di Perna di 60, Carmelo Oliveri di 44, Emanuele Salvatore Pennisi di 46, Pietro Puglisi di 49, Andrea Rapisarda di 21, Antonino Rapisarda di 54, Vincenzo Rapisarda di 29, Andrea Sinatra di 22, Angelo Spatola di 48 e Carmelo Verzì di 28.

Arresti domiciliari con braccialetto elettronico per Vincenzo Morabito di 63 anni e divieto, per Gianfranco Vojvodic di 58 anni, di esercitare la professione di avvocato, limitatamente all’esercizio delle funzioni di delegato alle vendite ai sensi dell’art. 591 c.p.c.. Le persone coinvolte nell’inchiesta sono indagate, a vario titolo, per associazione mafiosa e altre ipotesi di reato, tutte aggravate dalla finalità di agevolare l’associazione mafiosa o dal metodo mafioso. Poi ci sono accuse di associazione a delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, spaccio di droga, turbata libertà degli incanti con l’aggravante del metodo mafioso e corruzione.

Il clan Laudani

L’inchiesta ha stretto il cerchio sugli affari del cosiddetto gruppo dei Morabito-Rapisarda, che sarebbe riconducibile al clan catanese dei Laudani, i cosiddetti “Mussi ‘i ficurinia”. Sono stati individuati i presunti elementi di vertice e i rapporti con il clan storicamente contrapposto degli “Assinnata”, articolazione territoriale della famiglia di cosa nostra catanese “Santapaola-Ercolano”.

La complessa attività d’indagine è andata avanti da dicembre del 2019 a luglio 2022. Un imprenditore, nel corso di una procedura di vendita senza incanto di un immobile all’asta, sarebbe stato bloccato da alcuni soggetti ritenuti appartenenti al clan “Morabito-Rapisarda” che lo avrebbero minacciato per farlo ritirare dalla gara.

Le successive indagini avrebbero consentito di evidenziare proprio gli interessi dell’organizzazione mafiosa nel controllo sistematico e capillare dell’aggiudicazione delle aste giudiziarie di immobili siti nelle province di Catania, prevalentemente nel territorio paternese e, in un’occasione, nella provincia di Siracusa.

L’ipotesi di turbativa d’asta

Il modus operandi degli appartenenti all’organizzazione criminale sarebbe consistito nella turbativa del regolare svolgimento delle procedure di vendita immobiliare al fine di favorire determinati acquirenti che, dietro pagamento di un ricompensa per l’attività illecita, si rivolgevano al clan al fine acquistare o rientrare in possesso del bene per conto dei debitori esecutati precedenti proprietari.

Il versamento della somma di denaro a titolo di compenso a favore del clan, che agiva mediante condotte che sostanzialmente determinavano l’allontanamento, anche con modalità violente e intimidatorie, degli offerenti o degli eventuali interessati (“lo stiamo ricomprando noi”), in modo da garantire al “cliente” l’aggiudicazione dell’immobile.

In tale ambito, il sodalizio criminale poteva contare sull’esistenza di rapporti di conoscenza con alcuni delegati alla vendita e,  infatti,  in un caso è stato ritenuto sussistente il supporto di un avvocato siracusano – nei cui confronti è stata emessa la misura cautelare personale del divieto di esercizio delle funzioni di delegato alle vendite – nel corso di una procedura esecutiva in quanto, dietro la promessa di un compenso in denaro, si sarebbe prestato a favorire l’aggiudicazione dell’immobile all’asta in favore del figlio del soggetto che si era rivolto all’associazione mafiosa.

Il giro di affari, che coinvolgeva anche altre tipologie di operazioni immobiliari, avrebbe garantito consistenti guadagni, con compensi commisurati al valore del bene sul mercato immobiliare, che, di frequente, sarebbero stati condivisi, a riscontro dell’esistenza di un patto di “coabitazione”, con il clan Assinata, articolazione territoriale della famiglia di cosa nostra catanese “Santapaola-Ercolano”.

I contatti con il clan Assinnata

I rapporti tra i due clan, peraltro in ordine ad affari di interesse comune, sarebbero stati  agevolati da due delle persone indagate  nei confronti delle quali il GIP ha accolto la richiesta di applicazione della misura cautelare in carcere in relazione al delitto di concorso esterno in associazione mafiosa. Uno dei due, ex assessore del Comune di Paternò e imprenditore nel settore agrumicolo, oltre ad avere stabili rapporti di affari con esponenti apicali del clan mafioso, avrebbe messo a disposizione dell’associazione il proprio bagaglio di conoscenze e le proprie entrature nella politica locale.

L’altro indagato, a sua volta imprenditore agricolo, tra l’altro avrebbe messo a disposizione il magazzino di cui è titolare per consentire incontri tra i rappresentanti delle due diverse famiglie mafiose paternesi. Il gruppo dei Morabito Rapisarda sarebbe anche dedito al traffico di sostanze stupefacenti, soprattutto marijuana, con una struttura ben organizzata e delineata nella ripartizione dei singoli ruoli. Il clan avrebbe avuto un’articolata rete di rapporti criminali sul territorio catanese che gli garantiva dei canali di approvvigionamento dello stupefacente, proveniente da consorterie operanti in Catania e in Adrano.

Il gruppo, inoltre, poteva disporre di basi logistiche per la custodia e per il confezionamento dello stupefacente, nonché di un immobile sito nel centro cittadino di Paternò dove veniva dato appuntamento agli acquirenti.

Anche il settore degli stupefacenti, utilizzato come fonte di “entrate” per la “cassa comune”, era gestito con l’aggravante dell’utilizzo del metodo mafioso. Al vertice del gruppo vi sarebbe stato proprio uno degli esponenti del clan “Morabito-Rapisarda” .

Nel corso delle investigazioni, a riscontro di quanto emergeva dalle intercettazioni,  sono stati sequestrati complessivamente circa 71 kg di sostanza stupefacente del tipo marijuana e cocaina, e arrestate 8 persone in flagranza di reato.


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