PALERMO – La ricerca del tritolo non si è mai fermata. Ora, però, arrivano nuovi input investigativi. Forse sono le parole di un anonimo oppure nuove dichiarazioni del boss Vito Galatolo a fare scattare l’allarme al Palazzo di Giustizia di Palermo. L’attentato al pubblico ministero Antonino Di Matteo, ma anche le dinamiche delle famiglie mafiose palermitane: sono due le direzioni delle indagini. Sono stati allertati la Procura generale, la direzione distrettuale antimafia, ma anche i magistrati di Caltanissetta.
Spetta a questi ultimi, infatti, indagare sul rischio che il pm Di Matteo subisca un attentato. Qualcuno avrebbe fornito nuove indicazioni sul luogo dove sarebbe nascosto il tritolo, probabilmente in un paese della provincia, e sulle persone che lo custodirebbero. I nuovi input sono della scorsa settimana. Le ricerche, dunque, sono state compiute. L’esito resta top secret. Come prima cosa Galatolo ha raccontato che i mafiosi palermitani volevano ammazzare il pm del processo sulla Trattativa Stato-mafia. Su ordine di Matteo Messina Denaro sarebbero stati raccolti 500 mila euro per duecento chili di esplosivo, comprato in Calabria e trasportati a Palermo.
È passato più di un mese da quando Galatolo ha fatto scattare l’allarme. I finanzieri e gli uomini della Direzione investigativa antimafia di Palermo hanno cercato il tritolo ovunque li portasse un indizio. Dalle case agli anfratti di Fondo Pipitone – regno dei Galatolo a pochi passi dai Cantieri navali – dalla collina che si estende al di là di via Natale Mondo, una strada del rione Arenella, ad alcuni paesi della provincia friulana dove Galatolo si era trasferito a vivere. Del tritolo non c’è traccia. Ora l’anonimo ha indicato un luogo preciso, forse in un paese della provincia di Palermo.
Fin qui il capitolo che riguarda la ricerca del tritolo di competenza dei pubblici ministeri di Caltanissetta. Le nuove indicazioni, però, siano esse arrivate dal neo pentito o dall’anonimo giunto alla Procura generale sono finite sul tavolo di alcuni magistrati palermitani. Si tratterebbe, in particolare, di coloro ai quali sono delegate le indagini sui clan mafiosi di Palermo centro e Porta Nuova.
Dunque, nella missiva sarebbero annotati nomi e fatti che hanno a che fare con la mafia palermitana. E anche in questo caso potrebbe esserci un filo conduttore con quanto ha dichiarato Galatolo. Il boss ha riferito che ad organizzare il presunto attentato dovevano essere, oltre a lui, Vincenzo Graziano, Girolamo Biondino e Alessandro D’Ambrogio. Quest’ultimo è il capomafia del mandamento di Porta Nuova.
Ipotesi, solo ipotesi. Ancora una volta saremmo di fronte ad un anonimo che conosce tanti dettagli. A fine estate nell’ufficio del procuratore generale Roberto Scarpinato, al primo piano del Palazzo di giustizia di Palermo, era stata recapitata una lettera. I toni e i contenuti evocavano negli inquirenti l’inquietante riferimento che Giovanni Falcone fece alle “menti raffinatissime” che avrebbero progettato il fallito attentato nella sua villa dell’Addaura. La missiva era stata lasciata sulla scrivania e suggeriva al magistrato di “rientrare” nei ranghi.
L’anonimo dimostrava di conoscere le abitudini e i luoghi frequentati dal magistrato. E, soprattutto, le inchieste che l’ex pm del processo Andreotti, da mesi, sta conducendo. C’era un invito diretto in quella lettera. Un invito a non sottovalutare il nemico, a non cercare di individuare l’autore che non lascia impronte. Alcuni mesi prima carabinieri e vigili del fuoco setacciarono alcune zone nel comune di Ficarazzi per cercare l’esplosivo segnalato in una precedente missiva anonima giunta all’allora procuratore Francesco Messineo e all’aggiunto Vittorio Teresi, che coordina il pool di pm che sostengono l’accusa al processo sulla Trattativa. L’autore della lettera sosteneva di essere un “un affiliato della famiglia di Alcamo”, incaricato “da due mesi” di seguire gli spostamenti del sostituto procuratore Nino Di Matteo, al centro di un progetto di attentato deciso dalle “famiglie di Palermo e Trapani”. Anche allora nulla venne trovato.