Bologna, l'infermiere: "Mi licenzio e torno al Sud"

Bologna, l’infermiere: “Mi licenzio dal Pronto soccorso e torno al Sud”

La storia di Pavels Krilovs, 35 anni, di origini moldave, ma cresciuto a Reggio Calabria
l'intervista
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BOLOGNA – “Amo il mio lavoro da infermiere di Pronto soccorso, ma mi licenzio. E non sono l’unico: negli ultimi tre mesi altri sei infermieri se ne sono andati”. Sono le parole di Pavels Krilovs, 35 anni, di origini moldave, ma cresciuto a Reggio Calabria dall’età di 11 anni, cha lavorato per cinque anni al Ps dell’ospedale Sant’Orsola

Il Corriere di Bologna ha ricostruito la sua storia intervistandolo.

Bologna, l’infermiere: “Torno al Sud”

Dal 17 aprile sarà fuori servizio e tornerà a vivere a Reggio Calabria. “Nella sua decisione hanno pesato – scrive il Corriere – il costo della casa, uno stipendio non commisurato alle responsabilità (e al costo della vita), i carichi di lavoro, le ripetute e crescenti aggressioni subite dalla sua categoria che, di fatto, è la prima linea in un Pronto soccorso”.

“Lascio innanzitutto – ha spiegato l’infermiere – perché non è più garantito il diritto all’abitazione a Bologna. Io guadagno quasi 2mila euro, ma una città che ti porta via quasi 1.000 euro se vuoi andare a vivere da solo non è più sostenibile. E non ritengo dignitoso, a 35, 40, 45 o più anni condividere ancora l’appartamento con qualcuno”.

La scelta

“Ho 35 anni e ho una stanza singola – ha aggiunto – in un appartamento con altri tre colleghi infermieri. Bologna e le grandi città ci stanno privando del diritto primario di una casa. Ma le persone che guadagnano di meno come fanno? Io l’avevo scelta questa città, 8 anni fa sono andato via, ma nel 2020, con la seconda ondata del Covid ho voluto rientrare a lavorare qui perché il Policlinico è un buon posto di lavoro”.

“Se devo sbattermi così tanto qui – ha detto ancora – ma non posso nemmeno permettermi una casa da solo, che senso ha? Torno a Reggio Calabria dove ho già un appartamento e la vita è sostenibile. Ho diversi amici colleghi con figli che si trasferiscono qui per fare gli infermieri e poi se ne vanno via perché non arrivano a fine mese o mettono tutto lo stipendio per sopravvivere. E poi ce ne sono altri che vincono i concorsi, provano a trasferirsi, ma non trovano casa e rinunciano al posto”.


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