"Paga o facciamo saltare il box": le minacce, il pizzo e "u picciriddu"

Le bombe, il pizzo e le minacce: “Paga o facciamo scoppiare il box”

Storie di estorsioni emerse dal blitz "Meteora" compiuto dalla Polizia

ADRANO (CATANIA) – “Paga o mettiamo una bomba e ti facciamo saltare il box”. Il pizzo e le minacce che il clan Santangelo, con uno dei  vertici dell’organizzazione Antonino Bulla “u picciriddu”, arrestato nell’operazione Meteora, compie nei confronti di una delle vittime del racket. E la minaccia delle bombe è quasi una costante per gli “uomini d’onore” di Adrano.

Il pizzo e le minacce

Un clan pericoloso e famigerato, i Santangelo. Sono ritenuti responsabili di efferati delitti, come quello scoperto nell’operazione, l’eliminazione di un ragazzo con torture, sevizie giunte fino alla decapitazione, ma accusati anche di giri di droga e pizzo. Anche con minacce a dir poco eloquenti.

Il commerciante di frutta

La prima vittima è un commerciante, che ha un box nel mercato ortofrutticolo di Adrano. Uno che per sua stessa ammissione avrebbe fatto alcune truffe all’Inps. Ma nelle intercettazioni avrebbe detto agli uomini del clan che “per qualsiasi affare illecito”, aveva “sempre chiesto il permesso”. Ai mafiosi, ovviamente.

Una tesi che non lo ha certo salvato dal pagare il pizzo. Anzi Bulla si sarebbe arrabbiato ancora di più, non prendendo neanche in considerazione l’altra giustificazione data dalla vittima – “ho scambiato degli assegni” ai ragazzi – che è più che altro un favore, ma a costo zero o quasi.

La richiesta

Questo perché Bulla voleva ben altro. Anzi, quasi quasi, l’idea di Bulla era che la vittima avesse pagato altri gruppi criminali, altri clan. A quel punto sarebbe passato alle minacce. O paghi 40 mila euro, gli avrebbe detto senza mezzi termini, o ti facciamo saltare in aria il box. Avrebbe fatto seguito una trattativa.

Alla fine la vittima avrebbe pagato “solo”, si fa per dire, 2.000 euro. E questo avrebbe mandato in bestia gli altri appartenenti al clan, che avrebbero aggiunto di non mollare. Ma va precisato che per questa ordinanza il gip non ha accolto la richiesta di misura, ritenendo che mancassero le esigenze cautelari. Anche perché tutto risale al 2020.

Il pizzo alla cava

Le estorsioni chieste e ottenute dal clan Santangelo ai danni degli imprenditori che gestivano una cava, la polizia, le scopre attraverso un’intercettazione del 2021. In realtà il tema era già stato oggetto di procedimenti. Sta di fatto che una mattina Bulla fa una videochiamata a Gianni Santangelo detto “giannino” e gli dice che gli imprenditori, in pratica, si sono fatti lo sconto da soli.

Anziché pagare 6  mila euro ne hanno pagati 4 mila. Qua la storia delle bomba è precedente e non riguarda Bulla. Un pentito, Gaetano Di Marco, ha riferito che quando i responsabili della cava si erano rifiutati di pagare, era stato pianificato un atto intimidatorio con l’uso di una bomba, poi sostituito da una sparatoria sulla cava, per evitare di mettere in pericolo la vita del guardiano e della sua famiglia.

Ma la ditta non aveva ceduto e il clan aveva deciso addirittura di uccidere uno degli imprenditori. L’agguato fallì solo perché la vittima cambiò il suo percorso. Ma sarebbe una storia vecchia. E il gip ha messo nero sìu bianco che “non solo manca una dimostrazione concreta della gravità indiziaria, ma anche l’analisi delle esigenze cautelari risulta priva di contenuto”.

La macelleria

Uno degli  indagati, Gianni Santangelo si sarebbe occupato del tentativo di estorsione ai danni di una macelleria. A un certo punto, a gennaio 2021, sarebbe stato informato da una dipendente che per Natale, il suo titolare, aveva lavorato molto bene. Questo avrebbe indotto gli uomini del clan a decidere di aumentare la rata del pizzo.

Solo che su suggerimento di Carmelo Petronio – l’estorsione è contestata dalla Dda a entrambi – si decise di rinviare tutto a Pasqua. Del resto la vittima, ricostruisce il gip, “aveva dimostrato disponibilità e riconoscenza in passato, come quando aveva mandato una busta di carne per un esponente del clan appena uscito dal carcere”. Pure in questo caso il gip non ha riconosciuto né l’univocità degli elementi indiziari né le esigenze cautelari.

L’operazione “Meteora” compiuta dalla Polizia ha portato ad emettere 18 misure di custodia cautelare.


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