Brancato, i boss e l'affare del gas | Confisca da 50 milioni di euro - Live Sicilia

Brancato, i boss e l’affare del gas | Confisca da 50 milioni di euro

Vito Ciancimino

Agli eredi del socio in affari di Vito Ciancimino restituita solo una piccola parte dei beni.

PALERMO – La stragrande maggioranza dei beni viene confiscata. Solo una parte torna agli eredi di Ezio Brancato, socio di Vito Ciancimino negli affari del Gas. Il provvedimento emesso due giorni fa dalla sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Palermo (composta dal presidente Raffaele Malizia e dai giudici Luigi Petrucci e Giovanni Francolini) riguarda la moglie di Brancato, Maria D’Anna, e le figlie Monia e Antonella.

Le prime due sono considerate “socialmente pericolose”, mentre non lo è Antonella Brancato “poiché non risulta avere svolto alcun ruolo gestorio nelle imprese del gruppo Gas”, non si è “relazionata con esponenti mafiosi” e non le si può “imputare alcuna condotta funzionale agli scopi di Cosa nostra”. Circostanze che vengono, al contrario, contestate alla madre e alla sorella.

Il cuore delle indagini patrimoniali riguarda la Gasdotti azienda siciliana. La cassaforte dei mafiosi l’avevano definita i giudici della Corte di Cassazione nella sentenza sul tesoro di don Vito Ciancimino, interfaccia di Totò Riina e Bernardo Provenzano. Dopo i soldi dell’ex sindaco e del tributarista Gianni Lapis, la Procura di Palermo nel 2013 ottenne il sequestro del tesoro dei Brancato. Un patrimonio costituito da società, attività commerciali, immobili di lusso e disponibilità finanziarie del valore stimato in poco meno di 50 milioni di euro.

L’indagine coordinata dall’allora procuratore aggiunto Vittorio Teresi e dal sostituto Dario Scaletta fu affidata al nucleo di polizia economico-finanziaria della guardia di finanza. I boss investirono negli affari delle società appartenenti al gruppo imprenditoriale che aveva curato, a cavallo fra gli anni ’80 e ’90, la metanizzazione di diverse aree del territorio siciliano.

È stato il grande affare del gas. Nel 1981 nasceva la Gasdotti Azienda Siciliana fondata da due gruppi imprenditoriali. Uno faceva capo a Lapis. L’altro a Brancato. Grazie all’appoggio di Cosa nostra l’azienda ottenne il via libera per realizzare la rete e distribuire il metano in settantaquattro comuni di Sicilia e Abruzzo. Nel 2004, prima di essere venduta per 115 milioni di euro agli spagnoli della Gas Natural, la società era diventata un colosso.

Il figlio di don Vito, Massimo Ciancimino, negli anni trascorsi fra processi e interrogatori, prima di essere arrestato e prima di vedere la sua credibilità picconata, raccontò che parte del patrimonio della società del gas era riconducibile a Brancato, funzionario regionale morto nel 2000 e a cui subentrarono gli eredi. Un nome pesante, visto che si tratta dell’ex consuocero dell’ex procuratore nazionale antimafia Giusto Sciacchitano.

Secondo l’accusa, la vendita agli spagnoli avrebbe permesso agli eredi dell’imprenditore di ”ripulire” gli ingenti proventi acquisiti grazie all’appoggio di Cosa Nostra nella creazione di una galassia societaria e nell’acquisto di immobili.  L’inchiesta si è avvalsa delle dichiarazioni di collaboratori di giustizia come Giovanni Brusca, Vincenzo Ferro, Antonino Giuffrè.

Nel 2016 un nuovo filone investigativo portò i finanzieri nei caveau di alcune banche del principato di Andorra per scovare e sequestrare un ulteriore tesoretto stimato in sei milioni di euro, fra denaro e gioielli. Il nuovo provvedimento era stato deciso dal giudice per le indagini preliminari su richiesta del procuratore Francesco Lo Voi e dei sostituti Gaspare Spedale e Siro De Flammineis che poi hanno sostenuto l’accusa davanti alle Misure di prevenzione.

Ecco l’elenco dei beni confiscati: Ambra srl, Victoria srl, Emb srl, Chloe srl, B&B sas, Soproac; quote delle società La Cometa srl, Gr. Gioielli, srl, Anrichità srl; una cinquantina di immobili (fra cui l’attico in cui i Brancato vivono in piazza Verdi), magazzini, appartamenti ville e negozi per lo più a Palermo, ma anche in Sardegna e Spagna; decine di conti correnti, fondi comuni di investimento, polizze vita, gioielli e preziosi trovati nelle cassette di sicurezza ad Andorra.

Rigettata la proposta di confisca e restituiti quote delle società La Cometa, Tmi e una ventina fra fabbricati industriali e terreni tra Palermo e Partinico.

 


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