Nel 1994 la mafia cercò di “mandare segnali” a Silvio Berlusconi per far sapere al “nuovo ceto politico” che “Cosa nostra voleva continuare a trattare”. Lo dice – secondo quanto scrive il settimanale ‘L’espressò in un articolo dal titolo ‘Tra Mafia e Stato’ che sarà pubblicato domani e di cui oggi è stata diffusa anticipazione – Giovanni Brusca, il killer di Giovanni Falcone ora pentito, al magistrato fiorentino Gabriele Chelazzi. “Parlando con Leoluca Bagarella – dice Brusca, secondo quanto scrive L’Espresso – quando cercavamo di mandare segnali a Silvio Berlusconi che si accingeva a diventare presidente del Consiglio nel ’94, gli mandammo a dire: ‘guardi che la sinistra o i servizi segreti sannò, non so se rendo l’idea. Cioé sanno quanto era successo già nel 1992-93, le stragi di Borsellino e Falcone, il proiettile d’artiglieria fatto trovare al Giardino di Boboli a Firenze e gli attentati del ’93”. Di Berlusconi e Forza Italia, scrive sempre L’Espresso, parla anche il pentito Gaspare Spatuzza secondo cui il boss Giuseppe Graviano avrebbe allacciato contatti con Marcello Dell’Utri. Per Spatuzza la stagione delle bombe non ha portato nulla di buono alla mafia tranne il fatto che “venne agganciato” nella metà degli anni novanta, “il nuovo referente politico: Forza Italia e, quindi, Silvio Berlusconi”. A spiegare perché la scelta dei boss cadde su Forza Italia é lo stesso Brusca. “Perché c’erano pezzi delle vecchie ‘democrazie cristiane’ – avrebbe detto il killer di Falcone ai magistrati fiorentini secondo il racconto de L’Espresso -, del partito Socialista, erano tutti pezzi politici un po’ conservatori, cioé sempre contro la sinistra per mentalità nostra. Quindi volevamo dare un’arma ai nuovi ‘presunti alleati politici’, per poi noi trarne un vantaggio, un beneficio”. Secondo L’Espresso sia la procura di Firenze che quella di Palermo stanno valutando le dichiarazioni per decidere se riaprire o meno il procedimento contro il premier e Marcello Dell’Utri, archiviato nel 1998.
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