ROMA – “Ho ripetuto quello che avevo già detto e cioè che, non trattandosi del riferimento a Mastella, come più volte precisato in mie dichiarazioni fatte a ridosso, la cosa è destituita di ogni fondamento. Il mio tweet si riferiva, invece, a Cuffaro (ex presidente della Regione Sicilia, ndr) su cui c’è sentenza di Cassazione e non c’è bisogno di altre spiegazioni. Mi sembra piuttosto semplice”.
L’ha detto il senatore e leader di Azione, Carlo Calenda, al termine della sua audizione davanti alla Giunta delle elezioni e immunità del Senato sull’inchiesta, nata da un suo tweet per cui è stato querelato dell’ex ministro della Giustizia, Clemente Mastella e su cui rischia un processo per diffamazione aggravata.
Calenda e il tweet
Il Senato è stato chiamato in causa dal gip del tribunale di Roma per valutare se concedere l’immunità al parlamentare. Dopo una breve discussione, la Giunta ha deciso di riunirsi la prossima settimana (probabilmente martedì) quando ci sarà la relazione della senatrice Ada Lopreiato, relatrice del caso, e successivamente il voto sulla richiesta.
Il tweet di Calenda contestato risale al 3 aprile scorso quando, in vista delle elezioni europee di giugno, il senatore criticò su X la scelta di Emma Bonino di fare la lista ‘Stati Uniti d’Europa’ insieme a Matteo Renzi e ad altri centristi.
Cosa scrisse
Calenda allora scrisse rivolgendosi a Bonino: “Non ha alcun senso portarsi dietro, sia pure per interposta persona, Cuffaro, Cesaro e Mastella. La cultura della mafia è l’opposto dei valori europei”.
Parole che fecero infuriare il leader centrista Mastella. Dopo l’audizione Calenda ha aggiunto: “Questo paese sta diventando un ‘querelificio’. Sono interessato a capire se è un paese dove si può dire che Totò Cuffaro è rappresentante di una cultura mafiosa. Oppure non si può dire perché chiunque si alzi e dica: ‘No, ce l’avevi anche con me’, poi ti può querelare”.