CATANIA – Un euro e 5 centesimi al litro. Carburante a prezzi stracciati. Senza tasse, senza accise. Sullo sfondo una “banda” che operava a tra Catania e Roma, in grado di gestire il traffico di centinaia di migliaia di litri di gasolio provenienti anche da raffinerie europee.
A ricoprire un ruolo centrale nel “sistema” sarebbe stato Carmelo Pavone, detto “Melo l’africano”.
Pregiudicato per associazione mafiosa ed estorsione, sarebbe uno degli uomini di punta del clan Laudani. A incastrarlo sono stati i pentiti Giuseppe Laudani, Giuseppe Di Giacomo, Mario Testaì e Mario Sciacca.
I VERBALI DEI PENTITI – Secondo Giuseppe Laudani, collaboratore di giustizia, Carmelo l’Africano sarebbe stato affiliato al gruppo di Acireale insieme a Salvatore Di Mauro, “mio cugino, qualsiasi cosa c’è da fare, se c’è da fare truffe fa truffe, non è un rapinatore, non è una persona che fa omicidi, parliamoci chiaro su questo punto di vista…fanno cose a 360 gradi, 360 giorni l’anno, perennemente. Esce sempre soldi a usura, fa truffe, si occupa con gli altri del gruppo, perché ppoi sono tutti mezzi parenti fra loro là in famiglia ad Acireale, per questo fatto”.
Laudani ricorda il momento in cui Pavone uscì dal carcere: “L’Africano sarà uscito verso la fine del 2006 più o meno. Lui ha avuto un ruolo direttivo ad Acireale, perché è parente con Pippo Fichera”.
Pippo Di Giacomo ha indicato in Carmelo Pavone un cugino di Camillo Fichera appartenente ai Laudani, fallito come imprenditore, circostanza che i giudici hanno riscontrato. “Il gruppo di Acireale è sempre composto da Camillo Fichera in primis – dice il collaboratore Di Giacomo – perché è l’esponente più carismatico, non solo per anzianità, ma come spessore criminale, come serietà, come principi, è uno diciamo della vecchia guardia, 55 anni sicuro oggi, ma da sempre perché già c’era questa nomea del padre, u zu’ Maru con il patriarca Laudani, per cui a seguire l’altro esponente di rilievo è Giuseppe Grasso che è del gruppo di Aci Catena, Salvatore Torrisi, del gruppo di Aci Sant’Antonio, i fratelli Pappalardo, Mario e Salvatore, poi Camillo. L’Africano è un altro, Carmelo Pavone, questo lo avvicinò Camillo Fichera nei periodi che io fui fuori, perché era un imprenditore questo ragazzo, un signore oltre i 50, 55, aveva un ingrosso di mobili fallì, io gli avevo prestato dei soldi a usura, però per le altre cose lo conobbi così, perché Camillo dice: <<Senti, Pippuzzo, vedi che è mio cugino>>”.
Mario Testaj, altro collaboratore di giustizia ha riferito che Salvatore Scuto detto ‘u Turchittu, genero di Giuseppe Laudani, cl 1946, aveva incaricato Carmelo l’Africano, Sebastiano Granata e Mario Pappalardo, componenti del gruppo di Acireale, di uccidere Giuseppe Faro, abitante nel quartiere di Piazza Dante di Acireale. L’omicidio era stato però poi eseguito dallo stesso Testaj”.
Il collaboratore Mario Sciacca ha indicato in Pavone il responsabile del gruppo acese dei Laudani. Proprio Pavone avrebbe tentato di parlargli per convincerlo a non lasciare il gruppo.
Durante alcuni controlli di polizia, Pavone è stato trovato con appartenenti ai Laudani come Giovanni Parisi detto ‘u Ciuraru, Sebastiano Granata e Giuseppe Fichera.
IL TRAFFICO DI GASOLIO – Un autolavaggio di Aci Sant’Antonio dal quale entrano ed escono autotreni carichi di gasolio a prezzi stracciati. Pavone è stato intercettato mentre chiedeva al figlio Cosimo notizie sul traffico di gasolio con linguaggio criptato: “E niente, noialtri qua sopra siamo, stiamo lavando i furgoni, tutto a posto…tutto a posto…c’è una bella giornata qua…un paio di macchine già alle sei di mattina…si sono svegliati qua i cristiani…e niente…tutto a posto”. Melo l’Africano chiede degli approvvigionamenti: “Ma gli altri camion non ne sono venuti questa settimana? Camion questa settimana ne sono venuti per lavarli?”. Il figlio risponde: “Già è venuto…già ce li siamo sistemati noi, tuto a posto, ormai siamo qua sincronizzati”. Secondo gli inquirenti, il figlio di Pavone si riferirebbe all’ultimo carico di carburante effettuato all’internod i una cereria. Ancora l’Africano al telefono: “Dice che è arrivato già col camion e lo avete lavato?”.
Frasi in codice per gestire il carico e lo scarico del carburante.
La contabilità del carico veniva tenuta insieme alla moglie di Pavone, S.M., che chiedeva, intercettata: “Allora i contri se ve li volete fare, venite qua e li facciamo se no aspettiamo domani quando c’è tuo padre”.
Dal alcune telefonate i finanzieri hanno ricostruito le fasi di stoccaggio dei prodotti petroliferi custoditi in vari siti. Mario Mauro chiede a Camillo Pavone quando avrebbe potuto ritirare quei bancali, cioè, secondo quanto hanno accertato gli inquirenti, serbatoi vuoti. “Dimmi una cosa…per quei bancali? No quando me li vengo a prendere? Stasera viene quello…mi vengo a prendere tutte quelle vuote ciao!”.
A travasare il gasolio ci pensa Mauro: “Ancora 170 litri sono arrivati…cambia vasca…ancora hai voglia di iettare…passa dabbanna così accucchia 200 litri…docu…forza, vai…com’è finita?”.
All’interno dell’autolavaggio di Pavone con 20 euro era possibile fare il pieno. “Rita Camelia chiama Camillo Pavone, è contenta: “Gli ho dato 20 euro e mi ha fatto il pienooooo”. Il figlio dell’Africano risponde così: “E lo so! Ora vattene a girare, mi raccomando…questa te la offro io…te la inauguro”.
Non c’era notte né giorno, il carburante veniva venduto a tutte le ore per gli incassi, cifre da capogiro secondo gli inquirenti, veniva tenuta un’apposita contabilità. “Allora – registrano le cimici – quattro uno uno…cinque sette cinque…e ricordati che ci hai lasciato il resto”.
I CLIENTI DI MELO L’AFRICANO – Appostati da tempo, i finanzieri hanno “beccato” un autocarro intestato alla Ecolandia Srl. Un capitolo dell’ordinanza di custodia cautelare è dedicato ai soggetti che hanno acquistato “ingenti quantitativi di carburante” senza accise. L’elenco inizia con Pietro Curreri, della Curreri Trasporti Srl, al quale Torrisi chiedeva la restituzione delle cisterne vuote per una nuova fornitura. Emanuele Gamiddo, al quale il carburante veniva venduto dopo il prelievo nel deposito di Passo Martino e trasportato nell’abitazione di Francesco Zappalà, gestore dell’impianto Eni di Motta Sant’Anastasia. “Ci vediamo domani alle 8 mbare, si mi faccio Catania e poi vengo da te”, diceva Gamiddo.
L’elenco degli episodi accertati dagli inquirenti è lungo, non a caso sono stati sequestrati beni e conti per diversi milioni di euro.