Carissimi Giorgio e Mario | Così la Sicilia ci salverà - Live Sicilia

Carissimi Giorgio e Mario | Così la Sicilia ci salverà

Una lettera un po' particolare a Napolitano e Monti. Tutta da leggere

Dal magazine "S"
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Carissimi Presidenti,

il concerto di Natale in Senato non era il momento migliore per parlare di guai. Come da cerimoniale i problemi dell’Italia, almeno in quell’occasione, lasciarono il passo, anzi l’aere, alle note musicali. Ma ciascuno di noi recava comunque nel cuore il vero timore che questa terza guerra mondiale, combattuta a colpi di finanza internazionale, ci possa vedere perdenti. Il Bel Paese ha adottato le proprie difese, ma sappiamo che non bastano, sappiamo che la partita è un’altra, sappiamo che in ballo vi è la prevalenza tra la finanza transatlantica e quella dell’Est. E l’Europa nel mezzo a far da campo di Marte, da luogo del combattimento.

Mi chiedevo, quella domenica mattina vestita di musica, come io, da siciliano, potessi dare una mano. ” ‘U sceccu dunni cari s’avi a sùsiri (l’asino deve rialzarsi laddove è caduto)” mi dicevo, eppure parlavamo di Daniel Oren, il direttore d’orchestra che aveva sparso sudore, bracciate e occhiatacce per far vivere tesori di Bellini, Mascagni, Ghershwin e Ravel. ” ‘ U sceccu…s’avi a sùsiri”, sì, proprio la Sicilia con il suo dialetto dolce di natura e cultura mi suggerì la risposta. Non la soluzione risolutiva, non la porta della salvezza, ma un aiuto, le cui dimensioni nessuno può limitare, né in alto né in basso. Vediamo.

In questo micidiale scontro tra giganti della finanza dell’Ovest e dell’Est vi è anche la tradizionale guerra tra poveri. Di conseguenza l’Italia sta subendo anche gli effetti del famigerato “spread”. Colpi su colpi sul rinnovo delle nostre “cambiali”, dette titoli di Stato (debito pubblico). Ma la Sicilia (e l’Italia) ha in cassaforte un patrimonio inesauribile, una ricchezza che può far fronte sia a buona parte del dissesto atavico sia ai capricci dei pirati della finanza internazionale: i suoi beni culturali, artistici, naturali e (perché no?) culinari.

E dunque, in luogo di nuovi titoli di Stato, perché non vendere “voucher” cioè titoli turistici? Chiarisco: io Sicilia (io Italia) vendo oggi a te Cina, Russia, Giappone, Stati Uniti etc. un voucher che ti darà diritto (tra uno, due, tre…dieci anni) di venire come turista ad avere già tutto pagato al prezzo d’oggi. Io provvederò a pagare i tuoi fornitori, alberghi, ristoranti etc. (al prezzo di domani). Lo farò con coloro che avranno stipulato con me una convenzione che impedisca i futuri “impazzimenti” di mercato interno. Tu Cina, Russia, Giappone etc. sarai il tour operator dei tuoi cittadini ed a loro potrai rivendere, al prezzo che ti sarà possibile nel tempo previsto, il voucher acquistato oggi. O potrai donarlo come premio ai contribuenti più zelanti o ai cittadini più meritevoli per qualsivoglia altra ragione. Ovviamente anche i privati potrebbero acquistare i voucher e farne l’uso che preferiscono. Anche di scambio.

Ecco, carissimi presidenti, che cosa non vi ho detto durante il dopo-concerto a Palazzo Madama. Ma ” ‘u sceccu” siciliano mi ha dato questa idea. Sarà praticabile? Non chiediamo troppo all’asino.

Con deferenza.

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