(Roberto Puglisi) Sono ‘invisibili’ per chi va di fretta e non trova il tempo per posare uno sguardo sulla loro umanità, talvolta disperata, ricca e unica. Abbiamo trovato una parola per definirli, necessaria alla sintesi della cronaca: ‘clochard’. Ma è anche uno stigma crudele, in certe pronunce. Un termine che sposta ai margini, che ghettizza. I clochard, come i ‘migranti’, anche se sulla terraferma. Una lontananza che mette insieme, su parametri generici, storie ed esperienze non riassumibili.
Maurizio in via Oreto
A Palermo è morto uno di loro, tra la via Oreto e la stazione centrale. Ma è appena l’ultima vittima di un elenco. Si chiamava Maurizio, era un uomo benvoluto da tanti. E si scopre che poteva essere ‘invisibile’ solo agli indifferenti. Parecchie voci lo stanno compiangendo sui social. “Volevamo bene a Maurizio – dice il dottore Rosario Iacobucci -. Era un uomo dolce, affettuosissimo, con molti problemi. Siamo tutti molto addolorati. Gli sono stato vicino, nelle sue peripezie. Perdiamo un amico”.
Le ultime vittime
Giusy Caldo, anima generosa di questa città, ha scritto su Facebook: “In un mese e mezzo sono morti tre clochard a Palermo. Età diverse: uno giovanissimo, uno di mezza età ed uno anzianotto. Tutti e tre avevano in comune l’alcol, due di questi soggetti erano dipendenti all’ennesima potenza. Forse sarebbe il caso di fermarsi un attimo. Forse sarebbe il caso di coordinare il terzo settore ed assistere meglio con dei corsi che creino volontari specializzati e retribuiti in assistenza degli ultimi. Forse stiamo sbagliando tutto”. “Oltre a Maurizio – dice Giusy – ci sono Costantin, morto sotto i portici di piazzale Ungheria e Carlo”.
Carlo e il camper
Carlo, come lo chiamavano tutti, era Karl, amico di Pascal, anche lui scomparso, e viveva in un camper, ultimamente dalle parti di piazza Marina. Se n’è andato qualche giorno fa, in ospedale. Di lui racconta Consuelo Lupo, altra anima generosa della Comunità di Sant’Egidio, con la voce rotta dal pianto. “Lui e Pascal erano inseparabili e per noi erano come fratelli – dice Consuelo -. Carlo aveva avuto Tequila, una cagnetta dolcissima, morta anni fa. Poi, si prendeva cura di Cesarina, la figlia di Tequila, che, adesso, è stata adottata da una signora. Era dolcissimo, il mio Carlo. E’ morto in un luogo pulito, in una corsia d’ospedale, vegliato e assistito con amore. Quasi nessuno lo sapeva”. E lo dice come una consolazione, la volontaria. Come se morire con il conforto, con il cibo e con un letto, per gli ‘invisibili’, fosse un’eccezione. (rp)